Milei non insulta più, cambia (a fatica) registro politico e c’entra un sondaggio

“Asino eunuco”, “econochisti”, “branco di babbuini”, “topi sporchi”, “parassiti mentali”. Dopo aver insultato gli avversari con 4.149 offese in 12 mesi, il presidente argentino interviene sul suo stile di comunicazione, anche in vista delle urne di medio termine previste a ottobre

“Chi dice parolacce è uno str…!”. “Non bestemmiate, porco D…!”. Evoca un po’ le note barzellette il modo in cui Javier Milei ha promesso che non avrebbe più insultato i suoi avversari. “Smetterò di usare insulti, vediamo se siete in grado di discutere idee. La dittatura delle forme. Le affronteremo rispettando le loro forme. Useremo le forme che vi piacciono, sapete perché? Per far capire che siete un guscio vuoto!”. Tecnicamente, appunto, “guscio vuoto” sarebbe un insulto. Annunciata il 4 agosto durante un evento nella Fundación Faro, l’intenzione di Milei di cambiare registro nella sua comunicazione politica esiste davvero e appare accompagnata da un serio sforzo per mantenerla. Anche se, si è visto subito, qualche sbavatura può sempre scappare.

In effetti, la gran parte di questi epiteti è anche difficile da tradurre. “Zurdos”, termine largamente usato da Milei per definire la gente di sinistra e diffuso in tutto il mondo ispanico, significherebbe semplicemente “mancini”. Da noi si direbbe piuttosto “pelosi”: in base a uno stereotipo sui comunisti come gente con zazzere abbondanti, peraltro in contraddizione con l’esperienza storica di personaggi come Lenin, Curzi o Rizzo. O “zecche”: su una equiparazione dei “rossi” a animali fastidiosi, peraltro contraccambiata con quella dei “fasci” a “topi”. Altri termini che Milei usa sono “asino eunuco”, “econochisti”, “branco di babbuini”, “topi sporchi”, “parassiti mentali”. Ma in realtà la decisione è venuta due giorni dopo la pubblicazione di uno studio sul quotidiano La Nación, secondo cui nei suoi primi 12 mesi alla Casa Rosada il presidente libertario aveva lanciato ben 4.149 insulti.

“Abbiamo misurato gli insulti politici di Milei perché sono qualcosa di molto eclatante nella politica argentina e mondiale, sia per il loro contenuto, la loro quantità e la loro virulenza. Sebbene sia un fenomeno che si riscontra nell’estrema destra, mi sembra che non ci sia nulla di simile”, ha dichiarato Paz Rodríguez, una delle autrici del rapporto. In effetti, in Italia è stato ad esempio il linguaggio di Grillo, dopo Bossi. E in America Latina diceva anche di peggio Hugo Chávez, che finanziava la sinistra argentina nemica di Milei, e che minacciava i “nemici del popolo” di “friggere le loro teste in padella come cipolle”.

La Nación, però, non è un giornale di sinistra. Avversario storico prima del peronismo e poi dei Kirchner, fu un sostenitore del centro-destra del presidente Macri, il “Berlusconi argentino”. Che abbia appunto fatto addirittura una misurazione scientifica dell’estremismo verbale di Milei, stimando anche un aumento da 0,70 insulti a sfondo sessuale all’ora a 1,62 negli ultimi 100 giorni prima del rapporto, dà l’idea di un certo tipo di disagio anche nel tipo di elettorato che Milei lo ha votato. Un sondaggio di luglio ha mostrato in effetti che il 73 per cento degli argentini rifiuta lo stile di Milei, mentre due persone su tre lo considerano violento.

Il bello è che proprio il successo economico di Milei contribuisce a questa evoluzione. Deputato socialista in una alleanza di sinistra anti-Kirchener e spesso bersagliato dal presidente con insulti per essere gay, Esteban Paulón ha osservato come “molte persone hanno votato per Milei perché erano arrabbiate, e lui è stato quello che ha interpretato meglio quella rabbia. La società aveva bisogno di qualcuno che si esprimesse a suo nome: contro il sistema delle caste, i tagli, la crisi economica, l’inflazione. Ma ora che l’economia si è stabilizzata e il governo è al potere, la società inizia a dire: “Non abbiamo più bisogno di qualcuno che si faccia avanti, abbiamo bisogno di qualcuno che amministri e governi per il bene comune”.

La decisione del presidente di accantonare gli insulti è in effetti arrivata nella settimana in cui si stavano definendo le alleanze per le elezioni legislative di medio termine del 26 ottobre, in cui l’Argentina rinnoverà poco meno della metà del suo Congresso Nazionale. E un mese prima del voto in cui province come Buenos Aires eleggono i loro rappresentanti locali.

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