Lo sfogo di un sovranista non votante, ma mangiante, contro la cucina italiana modello Kentucky
Vicino a casa c’era un negozio Rinascimento, adesso stanno aprendo un Burger King. Non erano certo capi di alta moda e chissà dove venivano prodotti però insistevano a dare una qualche idea di italianità, femminilità, bellezza… Niente da fare, nonostante i prezzi fossero un decimo o un ventesimo rispetto alle boutique di Cucinelli, quei vestiti italiani o almeno italofoni sono stati sconfitti dagli hamburger anglofoni di una multinazionale americana. Altro che rinascimento: avvizzimento. Altro che dieta mediterranea: dieta appalachiana (sarà un caso, ma negli Usa i Burger King scarseggiano in New England e in California e si concentrano negli stati interni più depressi, quelli descritti da Vance in “Elegia americana”). Anch’io mi sento sconfitto. Come mediterraneo, come italiano, come sovranista non votante e però mangiante e bevente, come ex patriota attovagliato e dico ex non perché sono diventato cosmopolita ma perché faccio sempre più fatica a trovare le tovaglie nei locali e troppe volte ho cenato su tavole spoglie dove per appoggiare la forchetta esiste il poggiaforchetta e a me l’instabilità (l’insieme è sempre malfermo) innervosisce. Non per nulla sono un conservatore, un amante della fissità. Come Natalia Ginzburg in “Lessico famigliare”, “non sognavo intorno a me che un’assoluta inerzia”.
E dunque mentre tutto si muove, tutto si trasforma e molta tradizione si distrugge dove trovare gastronomico rifugio? Dove scampare alla raffica di aperture di fast food? Perché oltre a Burger King continua ad avanzare McDonald’s e inoltre, sto dando una notizia, l’anno prossimo sbarcherà in Italia Wendy’s, obiettivo 170 “Quick Service Restaurant”. Cominciando ovviamente dalla città italiana più deitalianizzata di tutte, Milano. Dimenticavo Kentucky Fried Chicken che ha appena inaugurato a Rimini, Taranto, Sassari, Firenze Santa Maria Novella e “Milan Bergamo Airport”, pure gli aeroporti sono deitalianizzati. Leggendo J. D. Vance avevo capito che il Kentucky era uno stato di poveretti, purtroppo i poveretti adesso siamo noi, ridotti al pollo fritto. Usa per Usa, non potevano aprire una catena specializzata in astici del Maine? Io se fossi americano probabilmente sarei trumpiano ma sono italiano e trovo raccapricciante la trumpizzazione della nostra ristorazione. Raccapricciante e demente: la cucina italiana oltre che una cultura e un sentimento è un patrimonio e i miei connazionali lo stanno dissipando. Mi viene in mente l’episodio degli indiani che cedettero l’isola di Manhattan ai coloni in cambio di perline di vetro colorate. Gli indigeni gonzi stavolta siamo noi e stiamo bruciando le 766 ricette dell’Artusi per riscaldare un cheeseburger. Posso cambiare il corso degli eventi? Figuriamoci. Posso però fare della mia casa un santuario del gusto patrio. Magari nella prossima puntata vi invito a cena.