Gli europei cercano un incontro con il presidente americano prima che veda il capo del Cremlino. Zelensky chiede garanzie
Non rimane molto tempo agli europei per assicurarsi che l’incontro ad Anchorage, in Alaska, fra il presidente americano Donald Trump e il leader del Cremlino Vladimir Putin non si trasformi nel giorno in cui le sorti dell’Europa verranno decise tra Stati Uniti e Russia. Qualcuno evoca la Conferenza di Monaco del 1938, quando venne permesso alla Germania nazista di annettere vasti territori dell’allora Cecoslovacchia, senza che nessun rappresentante cecoslovacco partecipasse all’incontro in cui erano presenti soltanto Francia e Regno Unito, alleati dei cecoslovacchi, e Germania e Italia. Il paragone viene sussurrato, gli europei lo evocano, temono il momento in cui le porte si chiuderanno e Trump sarà solo con Putin. Quando si riapriranno, i due potrebbero uscirne con una mappa dell’Europa stravolta.
Al vertice in Alaska non ci saranno gli europei e non ci sarà neppure il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che non si lascia andare a forti dichiarazioni, ostenta fiducia nei confronti dell’America, l’alleato ritrovato negli ultimi mesi, dopo i grandi scontri avuti con Trump sia in campagna elettorale sia all’inizio del nuovo mandato del presidente americano. “Il sentimento ucraino in questo momento divide gli ucraini in due categorie di persone, i pessimisti e gli ottimisti – dice al Foglio Oleksandr Kraev, analista del think tank ucraino Prism – I pessimisti credono che Putin riconquisterà Trump e che quest’ultimo ricomincerà a pensare di avere davanti un ottimo negoziatore con cui fare affari. Gli ottimisti, invece, hanno un approccio più realistico e pensano che l’incontro porterà a poco, produrrà chiacchiere ed è stato organizzato a fini dimostrativi”. Kraev è tra gli ottimisti, o i pragmatici, le sue ragioni sono semplici: a parte gli incontri con l’inviato speciale Steve Witkoff e qualche conversazione in Arabia Saudita, non ci sono state discussioni preliminari. Trump vuole mostrare e dimostrare il suo attivismo, Putin ha qualche piano più concreto: fare in modo che il presidente americano non gli causi troppe scocciature.
Dentro la stanza a porte chiuse, però, potrebbe accadere di tutto, gli europei lo sanno, lo temono e stanno cercando di organizzare un incontro con Trump prima che il presidente americano parta per l’Alaska. Secondo il Wall Street Journal, è stato il cancelliere tedesco Friedrich Merz il primo a chiedere un incontro a Trump e successivamente ha esteso l’invito agli altri leader europei. Le dichiarazioni dei capi di stato e di governo dell’Unione europea sono sottotono, ma tutti temono che il risultato dell’incontro possa portare a concessioni territoriali onerose da parte di Kyiv, senza garanzie per la sua sicurezza. “Bisogna dare atto agli Stati Uniti di aver almeno tentato di portare gli ucraini e gli europei in Alaska nonostante i rifiuti di Mosca. I funzionari americani parlano sempre di più con Kyiv e le capitali europee. C’è un coordinamento che fa ben sperare”.
“Dall’altra parte – continua Kraev – gli europei e gli ucraini mostrano unità, di avere la stessa agenda, di essere membri della stessa squadra e non c’è strategia migliore per manifestare affidabilità a Trump. La possibilità che vengano introdotti nel processo negoziale non è ancora sfumata ed è interesse degli Stati Uniti farlo: Trump vuole disfarsi dell’Europa, per lui l’Ucraina non deve più costituire un problema e se davvero vuole un’Europa autosufficiente non può gettarla nelle mani della Russia”. Il Cremlino non ha problemi a rivelare le sue ambizioni e ha ripetuto che la guerra andrà avanti fino a quando le sue cause non saranno risolte. Putin vuole le regioni occupate e che l’Ucraina sia demilitarizzata. Secondo il Financial Times, il presidente russo potrebbe proporre che Kyiv mantenga la sua sovranità sulle regioni di Kherson e Zaporizhzhia, ritirando però le truppe ucraine e consentendo a Mosca il passaggio verso la Crimea. A quel punto, il Cremlino potrebbe transitare con mezzi militari e soldati, senza che Kyiv possa bloccare una futura invasione. E’ facile che gli ucraini rifiutino, in un contesto in cui si affollano le proposte di scambi di territori, ma non sorgono soluzioni concrete per le garanzie da dare all’Ucraina. Se gli ucraini rifiuteranno un accordo, il Cremlino potrà cercare di convincere Trump ad addossare tutta la responsabilità del fallimento della pace a Zelensky, che Putin considera un leader non legittimo. “I russi vogliono che gli ucraini appaiano come i capricciosi. Si sono lanciati da tempo in un’operazione di seduzione con Trump e basta guardare la stampa russa per capirlo: non accusano mai il presidente americano, se la prendono con i suoi senatori o altri politici. Il principio è ben radicato nella mentalità del potere russo: lo zar è buono, sono i boiardi i cattivi”, conclude Kraev. Durante l’Amministrazione Biden il motto era: nessuna decisione sull’Ucraina senza l’Ucraina. A Kyiv e nelle capitali europee, ora si teme che in Alaska, quando il presidente russo metterà piede per l’ottava volta nella sua carriera sul territorio americano, il principio verrà sovvertito.