Prima i dazi all’India, poi la chiamata con Zelensky, l’entusiasmo per i “grand progressi” e la notizia di un possibile incontro tra il presidente americano e Putin. Intanto Mosca ha fatto una scommessa sulle sanzioni
L’arrivo dell’inviato americano Steve Witkoff a Mosca è stato seguito dai media russi come fosse una visita di stato: un presidente, un re, molto più di un mediatore della Casa Bianca. Le telecamere erano puntate sull’aeroporto di Vnukovo dal mattino, poi hanno seguìto l’inviato americano mentre, accompagnato dal capo del Fondo russo per gli investimenti all’estero, passeggiava per Mosca, deserta e blindata. Kirill Dmitriev ha atteso Witkoff in aeroporto e prima di vederlo dal vivo ha festeggiato su X l’arrivo dell’immobiliarista americano: “Il dialogo costruttivo vince sempre. Le pressioni, le sanzioni e le bugie falliscono”, aveva scritto. Non è un caso se il Cremlino ha mandato proprio Dmitriev ad accogliere Witkoff: Dmitriev ha studiato negli Stati Uniti, è l’alfiere, almeno a parole, di tutte le possibilità di investimento tra americani e russi. La strategia del Cremlino era semplice: fare in modo che Witkoff fosse distratto dalla lingua che parla meglio, quella degli affari, dimenticasse le questioni diplomatiche e ricominciasse a vedere nella Russia il partner ideale con cui scoprire nuove rotte nell’Artico o pianificare nuove costruzioni a Mosca, e nell’Ucraina il paese capriccioso che ostacola questa associazione redditizia tra il Cremlino e la Casa Bianca. Nei quattro viaggi russi precedenti, Witkoff era caduto nella rete di Vladimir Putin. Il quinto viaggio è iniziato in modo diverso. Innanzitutto, c’è un ultimatum, che scade domani, che grava sull’economia russa: il presidente americano Donald Trump ha minacciato di imporre sanzioni se Putin non accetterà un cessate il fuoco con l’Ucraina. Witkoff e il presidente russo si sono incontrati al Cremlino, hanno parlato per circa tre ore. Dopo l’incontro, da Mosca soltanto il consigliere russo per la politica estera, Yuri Ushakov, ha rilasciato una dichiarazione, definendo il colloquio costruttivo e dicendo vagamente che adesso Putin ha tutte le informazioni necessarie da parte di Trump, e Witkoff riporterà a Washington tutte le informazioni necessarie da parte di Putin. Il capo della Casa Bianca, mentre il suo inviato e il presidente russo erano a colloquio, ha firmato un ordine che raddoppia i dazi all’India per i suoi acquisti di petrolio russo. I dazi al 50 per cento entreranno in vigore tra ventuno giorni e la mossa di Trump, che di fatto anticipa lo scadere dell’ultimatum per le sanzioni alla Russia, è stata dettata dalla volontà di dimostrare a Putin che Washington fa sul serio. Mosca però non aspetta messaggi, non è interessata a riceverne e rimane convinta a continuare la guerra contro l’Ucraina a prescindere dai segnali di Trump. Il Cremlino crede di star vincendo in Ucraina, pensa di poter andare avanti nonostante le sanzioni americane perché alimentato dall’industria bellica locale e dagli alleati nordcoreani, iraniani e cinesi che aiutano, in diversa misura, il conflitto. I funzionari russi credono che i dazi su India o Cina possano soltanto portare l’aumento dei prezzi del petrolio, un rischio anche per l’economia americana che nel nome dell’“America first”, Trump non dovrebbe voler correre davvero. Putin guarda il campo di battaglia, lo vede da sempre in modo distorto, ma pensa di poter ottenere la piena occupazione delle regioni conquistate solo in parte (Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson) esercitando anche pressione su altre regioni come Sumy e Kharkiv. Fonti del Cremlino hanno raccontato all’agenzia Reuters che la guerra che spesso viene attribuita a Putin ormai è diventata una questione condivisa in Russia e se il presidente russo accettasse di fermarsi adesso, prenderebbe una decisione incomprensibile sia per l’opinione pubblica sia per l’esercito, che dal gennaio dello scorso anno con un enorme dispendio di vite umane e denaro è avanzato soltanto di 5.000 chilometri quadrati che, in percentuale, equivalgono a meno dell’1 per cento dell’Ucraina.
Witkoff ha aggiornato Trump poco dopo aver lasciato il Cremlino, il presidente americano ha subito chiamato Volodymyr Zelensky, mostrando un buon coordinamento tra Washington e Kyiv. Anche Trump era soddisfatto dell’incontro moscovita, ha scritto sul suo social Truth che sono stati “fatti grandi progressi”: “Ho aggiornato alcuni dei nostri alleati europei. Tutti concordano sul fatto che questa guerra debba finire e lavoreremo per questo nei prossimi giorni e settimane”. Secondo i giornali americani, durante la telefonata con gli alleati, Trump avrebbe annunciato che presto incontrerà Putin. Fonti della Casa Bianca hanno fatto sapere che il vertice potrebbe essere organizzato già per la prossima settimana, ma non sono state stabilite né le date né i luoghi possibili. La dichiarazione è suonata un po’ troppo entusiastica e la domanda con cui gli ucraini hanno atteso i regolari attacchi russi notturni sulle loro città è stata: Putin è riuscito ancora una volta ad abbindolare Trump?