La lezione di Goffredo Fofi e la voce di Adriana Asti

La vecchia tv e qualche canzone milanese per salvarsi da questa estate desolata, nel mistero delle vacanze

L’estate, una stagione che non ho mai capito e che non so mai che farci. E’ stata sinonimo di vera felicità finché da bambino frequentavo la scuola elementare o media. Ma poi ferie e vacanze sono state per me un mistero. Stagione poco adatta a viaggiare perché tutti viaggiano e perciò si diventa turisti. Il bello invece è non lavorare quando tutti lavorano, come lo è dormire quando gli altri devono stare svegli. Ora, tra luglio e agosto, mi sento in zona di fine-anno, quando ci si aspetta che a settembre si entrerà in un nuovo inizio. Veniamo da anni dai quali ci si aspettava che gli orrori finissero. Eppure non smettono di finire. L’impressione di tutti è che il mondo sia impazzito e che non ci sia più niente di prevedibile e di normale. Che almeno in questi giorni finiscano i bombardamenti a Gaza e migliaia di esseri umani possano avere almeno acqua da bere e pane da mangiare, prima di essere uccisi. E che l’Ucraina non sia più tormentata e si finisca di chiedere agli ucraini altri eroismi a costo della vita. Forse non viviamo più in un mondo in cui valga la pena di vivere. Chi non subisce una guerra è costretto a essere spettatore impotente e magari sempre più insensibile alle più assurde crudeltà che i nostri schermi ci fanno vedere.

In questi giorni mi capita di essere solo in casa, e quando non ci sono altre presenze che possano distrarre e creare un’impressione di normalità, le notizie dal mondo ci stanno addosso più brutalmente. Nemico come sono dei nuovi media, troppo imperialisti e frastornanti, a casa da solo non posso sempre leggere e scrivere. Ogni tanto chiedo un po’ aiuto alla vecchia tv. A volte la guardo senza sonoro andando in cerca di vecchi film o di documentari naturalistici, storici, e di tutto ciò che di tollerabile venga dal passato. Vedo che tendo a fermarmi ogni volta che compare qualche faccia umana dietro cui ci sia una qualche attività mentale: attori di una volta, da Gary Cooper a Michael Caine, da Shirley MacLaine e Julie Christie a Michelle Pfeiffer e Cate Blanchett. Giorni fa ho rivisto perfino James Dean in Gioventù bruciata (deludente) ma tutta la programmazione di vecchi film in tv mi sembra che quest’anno sia peggiore del solito. La sera qualche rara briciola di passato perfino nella caotica Teche Teché Té, come quando Raffaella Carrà si prende tutto lo spazio con le sue innocenti e inarrestabili scariche di pura energia. Vedendola non penso niente, ma rimango a guardare quella donna bambina fino alla fine senza cercare altro. E c’è ancora chi crede che lei abbia provocato nientemeno che una “liberazione sessuale” e non una quasi inconcepibile libertà asessuale o presessuale.

Per puro caso mi trovo poi davanti al gruppetto cabarettistico di Jannacci, Lauzi, Cochi e Renato e penso a quanto sia rimasto relegato nel triangolo estetico e morale di Milano, Torino, Genova, che il resto di Italia non capisce molto, salvo accettare, ma solo in parte, Paolo Conte, Fabrizio De André e quel fenomeno sovrumano che è stata Mina. Così sento il bisogno di ascoltare dopo anni un esauriente bel cd tutto milanese di Adriana Asti, con canzoni che vanno dalla “Bella Gigogin” e “Porta Romana” fino alla melanconicissima e nostalgica “Luci a San Siro” di Roberto Vecchioni. Così per una mezz’ora mi sento un po’ milanese, chiedendomi incredulo come sia stato possibile nella nostra Italia tenere insieme il popolo di Milano e quello di Napoli, o Roma, o Bologna, o il popolo secondo Manzoni e il popolo secondo Gioacchino Belli. Chiedo a me stesso: come si fa a essere italiani o romani? Come è possibile vivere a Roma fra un luogo di massacri imperiali come il Colosseo e l’apoteosi cristiana di San Pietro? Ma ho ancora sul tavolo una foto di Goffredo Fofi, scomparso da poco. Ecco (penso) che cos’era Goffredo: un militante sociale e culturale che sale continuamente in treno per tessere trame neocomunitarie. Lo ha fatto per tutta la vita, lui nato in Umbria, passando dai bambini siciliani a scuola da Danilo Dolci alla classe operaia anni sessanta di Raniero Panzieri con i suoi “Quaderni rossi”. Ma poi a Napoli nel post-Sessantotto, a Milano negli anni del terrorismo, a Roma e dovunque con le sue riviste, da “Linea d’ombra” allo “Straniero”, a “Dove sta Zazà” a “Gli asini”. Fondava riviste per mettere in moto e tenere svegli sempre nuovi giovani in cerca di sé stessi. Purtroppo, lui che leggeva in continuazione “tutti i romanzi”, spingeva anche a scrivere romanzi, regalandoci, ahimè, anche Baricco e Lagioia… Perciò, scuotendo la testa, mando un abbraccio a Goffredo e ai suoi umori oscillanti fra severità e generosità, a volte giuste e a volte sbagliate.

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