Chi celebra l’uccisione della manager di Blackstone

L’odio disumanizzante per Wesely LePatner, ammazzata a Manhattan e simbolo, secondo gli odiatori, di ciò che non funziona in America

Wesley LePatner, 43 anni, manager di Blackstone, è stata uccisa il 28 luglio mentre stava andando a prendere l’ascensore del suo ufficio, a 345 Park Avenue, Manhattan. Shane Tamura, 27 anni, è entrato nel palazzo con un fucile in mano: era diretto alla sede della National Football League, voleva farsi giustizia per i danni cerebrali subiti quando era un giocatore, ma prima è arrivato nell’ingresso degli uffici di Blackstone, una delle più grandi società finanziare del mondo, e ha iniziato a sparare. LePatner ha provato a nascondersi dietro a una colonna ma, come altre tre persone, non si è salvata. Poco dopo la sua uccisione, quando cominciavano a emergere i dettagli delle vittime e ne usciva il ritratto di una manager in ascesa, brava nella formazione dei giovani, amata da chi ce l’aveva come capo, attenta alla carriera e alla parità di salario delle donne, madre di due bambini, sposata con il fidanzato che aveva a Yale, sui social sono iniziate le celebrazioni: non c’è da piangere per la morte di una donna che lavora per una società che contribuisce alle diseguaglianze, che fa morire gente che certo non può permettersi la retta della scuola dei figli di LePatner.

Maya Sulkin ha scritto su Free Press che ha contattato direttamente alcuni di questi odiatori, che le hanno detto: LePatner è il simbolo di quel che non funziona in America, proprio come lo era Brian Thompson, il manager della società di assicurazioni UnitedHealth, ammazzato sempre a Manhattan a dicembre da Luigi Mangione, che si è ritrovato con un fondo da un milione di dollari di donazioni da chi lo considerava un giustiziere-eroe. Shane Tamura non è diventato come Mangione, ma LePatner è come Thompson, non più una persona, ma un simbolo disumanizzato da una vorace cultura dell’odio.

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