“Sui dazi al 10 per cento ha ragione Meloni, ma deve sfruttare meglio il suo canale preferenziale con il presidente americano”, dice Paola Carron, presidente di Confindustria Veneto Est. “Servono un Piano industriale straordinario e un intervento sui costi dell’energia, altrimenti fra un decennio saremo fuori dal mercato”
Gli sbalzi di Trump “non sono mai una buona notizia”, avverte Paola Carron, presidente di Confindustria Veneto Est. “Meloni ha con lui un canale preferenziale che spero venga utilizzato al meglio, a beneficio dell’Italia e dell’Europa”, è l’auspicio, ora che gli Stati Uniti hanno aperto alla possibilità di prolungare i negoziati con l’Unione europea per trovare un accordo che spenga la guerra commerciale. L’ultima offerta dell’Amministrazione Trump sarebbe di introdurre dazi al 10 per cento, una soglia inferiore di quella prospettata mesi fa. “Se così fosse, comporterebbe tariffe meno pesanti di quanto paventato inizialmente”, dice allora Carron. “Bisogna però valutare attentamente settore per settore. Perché se per alcuni prodotti potrebbero essere sostenibili e forse assorbibili, per altri potrebbe non essere così”.
Quindi massima cautela, soprattutto in questo momento storico “veramente particolare: un tempo i grandi cambiamenti globali avvenivano a una certa distanza l’uno dall’altro, oggi invece le tensioni geopolitiche strutturali si muovono a velocità tale da mettere a dura prova le capacità di adattamento dell’economia”. Così prevale una parola su tutte: incertezza. “E per le nostre imprese rischia di essere una sentenza”, il monito dal nordest. “Se non avremo presto un Piano industriale straordinario, che incentivi gli investimenti e la transizione tecnologica, nel giro di un decennio rischieremo di venire tagliati fuori dai mercati”. Strigliata a destra, “perché il governo finora ha fatto troppo poco, senza dare un chiaro impulso alle aziende”. Strigliata a sinistra, “perché il tema del lavoro è centrale, ma si persegue con le riforme e non attraverso bandierine politiche o testi referendari incomprensibili”. Ma strigliata anche al mondo, se mai fosse possibile: “Rappresento 5mila attori imprenditoriali nell’Italia nordorientale, tutti legati a un forte export. Ma a livello umano purtroppo ci stiamo abituando a uno stato di guerra permanente. Parliamo tanto di sostenibilità, di valori di produzione: il tema però è lasciare un luogo migliore ai nostri figli. Su questo siamo ancora più lontani, stando agli eventi recenti”.
E dunque torniamo a Trump. “Alzarsi al mattino e non sapere cosa potrebbe succedere in base alle dichiarazioni del presidente americano sta creando una forte instabilità”, Carron smentisce una volta per tutte la litania di una certa politica secondo cui le minacce – di dazi, di sanzioni, di impegno o disimpegno bellico – vadano sdrammatizzate, perché poi non sempre vi corrispondono fatti di analoga portata. “Ma le parole hanno un peso. E generano esitazione negli imprenditori: si è più restii agli investimenti, si congela il portafoglio. Quando invece, per le sfide competitive che si profilano sull’innovazione, le imprese hanno bisogno di investire. Condivido l’appello del presidente Orsini”, che anche al Foglio sottolineava l’urgenza di un Piano industriale straordinario. “Purtroppo noi siamo abituati a ragionare di finanziaria in finanziaria. Però alle imprese serve una visione, almeno un quadro triennale che faccia chiarezza: dove andranno le risorse? Se Industria 4.0 aveva dato una netta spinta alle nostre Pmi, oggi la situazione è ancora confusa: dei 6 miliardi stanziati dal Piano transizione è stato utilizzato meno del 10 per cento”.
Tempo sprecato. “Senza contare il dramma energetico”, fa notare la confindustriale. “Chiediamo al governo di mettere mano sul costo dell’energia, disaccoppiando il prezzo del gas dalle rinnovabili e riducendo gli oneri di sistema. Oggi le nostre imprese pagano il 40 per cento in più rispetto alla media europea e addirittura l’80 rispetto alla Francia”. Il perché è presto detto. “Ci vuole un mix equilibrato di fonti di approvvigionamento: è giusto investire nelle rinnovabili, ma bisogna guardare anche al nucleare modulare di nuova generazione. Siamo attorniati da paesi che lo usano. Se ci muoviamo, potremo ancora essere della partita. Altrimenti resteremo indietro”. E il mercato non fa sconti. “Di nuovo, Meloni può fare di più per gestire la variabile Trump: il dialogo e l’intelligenza delle parti in causa deve far capire che qualunque azione protezionistica ha risvolti negativi per tutti. Anche per gli Stati Uniti”.
Fattore The Donald sempre in agguato. “Di sicuro qualcuno ha guadagnato molto da certe sue dichiarazioni”, insider trading più manipolazione dei mercati, “e questo non è corretto. Ormai conosciamo il suo carattere, le sue giravolte continue. Ma in questo modo paralizza l’imprenditoria. Quando invece serve l’esatto contrario dell’immobilismo. Non è un problema di soldi, ma di decisioni d’investimento”. In una simile congiuntura, se non altro le nostre Pmi sembrano reggere l’urto. Per ora. “Il Veneto è in leggero calo ma tiene. In questo inizio di 2025 si registra perfino un lieve aumento delle esportazioni: sintomo di grande resilienza, di fronte agli ancora più grandi interrogativi della geopolitica. Però va aggiunta una cosa”. Cioè? “Le Pmi, come animali intelligenti, rizzano le antenne e agiscono di conseguenza. Il primo effetto dei dazi è spingerle a guardare verso mercati diversi: India, Brasile, Medio oriente. Anche il Messico”. Per la gioia della Casa Bianca.