Con molti meno fondi del suo avversario, e l’endorsement di Aoc e Bernie Sanders, il millennial musulmano ottiene il 43 per cento dei consensi. L’ex governatore Andrew Cuomo, che era il favorito, si ferma al 36.5. Quella di novembre, però, non sarà un’elezione facile
“Nelle parole di Nelson Mandela, è impossibile finché non ce la si fa, e noi ce l’abbiamo fatta”. Così ha aperto il suo discorso di vittoria Zohran Mamdani, che, con il 43 per cento dei consensi ottenuti, è il candidato democratico a sindaco di New York. Un’affermazione alle urne che, per come è arrivata, ha del clamoroso. Per avere l’ufficialità bisognerà però attendere circa una settimana, in quanto il metodo di voto delle primarie newyorkesi dà la possibilità ai cittadini di votare fino a cinque candidati in una classifica di preferenze e oggi venivano scrutinate solo le prime scelte. Il dato politico, però, è che il principale sfidante di Mamdani, l’ex governatore Andrew Cuomo, accreditato per mesi di una facile vittoria e fino a ieri mattina il favorito, si è fermato a solo il 36.5 per cento, ha già riconosciuto la sconfitta e ha dichiarato al New York Times che aspetterà i risultati finali di settimana prossima solamente per capire se c’è margine per correre da indipendente alle elezioni di novembre.
Cuomo aveva dalla sua parte venticinque milioni di dollari raccolti attraverso i grandi donatori e gli endorsement di alcune delle principali figure politiche democratiche, tra cui l’ex presidente Bill Clinton; Mamdani, invece, che si autodefinisce socialista, ha corso con molti meno fondi del suo avversario, facendo leva su una presenza pervasiva sui social network e su un messaggio semplice. Come ha detto al Foglio una cittadina newyorkese intervistata nel corso della notte, “la sua campagna, presente in tanti spazi, sia online che fisici, è sembrata molto più viva e vicina alla comunità rispetto a quelle degli altri candidati”.
La sua proposta centrale, abbassare il costo della vita a New York attraverso un tetto al prezzo degli affitti, è stata venduta ai cittadini con tre parole ripetute come un mantra: freeze the rent. Una semplificazione tematica che ricorda da vicino la campagna alle primarie democratiche del 2016 di Bernie Sanders, che aveva centrato il suo messaggio sulla sanità pubblica, con lo slogan “Medicare for All”, e il “Tax the Rich” di Alexandria Ocasio Cortez per parlare della diseguaglianza economica nel Paese. Il risultato inaspettato di Mamdani è stato subito paragonato alla vittoria del seggio alla Camera della stessa Cortez nel 2018, che ha aperto la strada a un nucleo di deputati democratici progressisti, rendendo più visibile l’ala sinistra del partito, che oggi ha raggiunto l’affermazione nella città più grande del paese. Inoltre, Mamdani ha sapientemente sfruttato il particolare sistema di voto: ha infatti stretto un patto con Brad Lander, che si è classificato terzo con l’11 per cento dei consensi, per far sì che i propri elettori votassero l’altro come seconda scelta assoluta. Per questo motivo, negli scorsi giorni gli analisti dicevano che a Mamdani sarebbe bastato arrivare pochi punti sotto Cuomo tra le prime scelte per avere grosse chance nelle ripartizioni dei voti: di fatto, un’affermazione così forte già stasera chiude la partita.
Cuomo, invece, è il grande sconfitto: vedeva in questa campagna una rivalsa politica dopo i difficili anni seguiti alle dimissioni da governatore nel 2021 per gli scandali di molestie sessuali da cui si è sempre dichiarato innocente, e Mamdani sarebbe potuto essere un avversario perfetto, in quanto molto progressista, fondamentalmente inesperto e con posizioni nette sul conflitto israelo-palestinese. Intervistato dalla CNN, l’ex sindaco Bill de Blasio ha detto nella notte che Cuomo ha corso cercando di instillare nei cittadini la paura dell’avversario, mentre Mamdani ha avuto una connessione coi cittadini di New York e ha creato un messaggio positivo, che ha pagato.
A novembre, però, non è detto che sarà un’elezione facile per Mamdani: infatti, oltre a Curtis Sliwa, candidato repubblicano senza opposizione alle primarie, sulla scheda sarà sicuramente presente anche il sindaco uscente Eric Adams, che ha preferito non partecipare alle primarie democratiche, che aveva vinto quattro anni fa, per ricandidarsi da indipendente, e c’è la possibilità che anche lo stesso Andrew Cuomo si ripresenti senza la piattaforma del partito. Inoltre, a novembre non ci sarà un sistema di voto a graduatorie ma i cittadini avranno una sola scelta: dai dati che arrivano stanotte, Mamdani deve migliorare la sua performance nei quartieri a maggioranza afroamericana, che hanno preferito Cuomo.
Se poi dovesse vincere anche a novembre, sarà difficile implementare le politiche promesse in campagna elettorale. La governatrice dello stato, la moderata Katy Hochul, si è già dichiarata contraria ad aumentare le tasse per i cittadini più ricchi, che Mamdani ritiene centrale per poter finanziare alcune promesse di campagna, come la gratuità degli autobus. Una campagna partita dal basso e cresciuta col passaparola è riuscita a imporsi su una candidatura strutturata come quella di Cuomo, puntando su proposte progressiste: nel dibattito interno ai democratici su come fare opposizione a Trump, la vittoria di Mamdani segna un punto per l’ala sinistra del partito.