L’Iran fa proposte di negoziato. Non sa come uscire dalla guerra ora che Israele può tutto a Teheran. L’Attacco in diretta alla televisione di stato
Il maggiore N. è un pilota di caccia israeliano, è un riservista, è sposato, ha un figlio, ha preso parte al primo volo verso l’Iran per dare inizio all’operazione Am Kelavi (Leone che si erge, “Rising Lion” in inglese). Ha volato per un totale di quattro ore, a millecinquecento chilometri da casa e pensava che uno dei primi ostacoli da incontrare una volta dentro lo spazio aereo di Teheran sarebbero stati i jet iraniani. Arrivati, i piloti israeliani non hanno trovato resistenza: “E’ buffo – ha raccontato alla testata israeliana Ynet – abbiamo visto i caccia iraniani decollare e subito dopo fuggire. Sono scomparsi”. Il maggiore rivela che era pronto per l’operazione già la settimana prima, ha mantenuto il segreto con la sua famiglia, tenendo per se stesso il timore per la loro sicurezza quando Teheran avrebbe lanciato i suoi missili di risposta all’attacco di Israele. La squadra del maggiore N. ha preso parte a bombardamenti contro strutture nucleari, contro lanciamissili e a omicidi mirati, il pilota riferisce dell’esaltazione, dell’ansia, della paura dei malfunzionamenti, del successo possibile solo in un paese che comprende il senso di queste operazioni e quindi tutti contribuiscono. Il maggiore era in azione anche il 7 ottobre, a Ynet dice che per lui i voli verso Teheran sono una sorta di riparazione per quello che l’esercito non è riuscito a bloccare il giorno dell’attacco di Hamas. Il primo risultato dell’operazione Am Kelavi è la totale libertà di Israele su gran parte dei cieli iraniani, Tsahal controlla lo spazio aereo sopra Teheran, i piloti come il maggiore N. arrivato, compiono le loro quattro ore di missione, consapevoli di non incontrare resistenza: il primo giorno la fuga dei piloti iraniani fu una sorpresa, oggi la via verso la capitale iraniana “è un’autostrada”, come la definisce il pilota.
Israele ha gli occhi su tutto, controlla gli obiettivi da colpire, ogni giorno dalla mappa ne spunta uno con precisione e ritmo implacabili. Sa dove si nasconde la Guida suprema Ali Khamenei, secondo Netanyahu la sua uccisione potrebbe mettere fine alla guerra.
Gli iraniani rispondono colpendo anche nelle aree civili, lontane da obiettivi militari, con una scarica di due ondate al giorno dettate più dalla rabbia che dalla strategia. Teheran è sorvegliata dagli aerei israeliani in cielo e dagli occhi del Mossad a terra, il regime ha iniziato una rappresaglia famelica contro possibili collaboratori e agenti ma non sa difendersi né come uscire dalla guerra senza perdere la faccia e il controllo. Secondo diversi resoconti usciti sulla stampa israeliana e americana, l’Iran si è rivolto a mediatori arabi, soprattutto qatarini e omaniti, per contattare gli Stati Uniti e Israele. Per l’Iran è urgente tornare a parlare e mettere fine alla guerra che ha decapitato la leadership militare del regime. Attraverso gli intermediari, l’Iran ha detto agli Stati Uniti che è pronto a tornare al tavolo dei negoziati se gli Stati Uniti non si uniscono al conflitto, a Israele ha riferito che la fine delle ostilità è nell’interesse di entrambi i paesi. L’obiettivo di Israele è disintegrare il programma nucleare iraniano, un piano difficile senza le bombe bunker buster che soltanto gli americani possono fornirgli. Per l’Iran mantenere in piedi il programma è una garanzia di sopravvivenza del regime. Il presidente americano Donald Trump ha confermato che Teheran vuole negoziare.
Israele ha colpito la sede della televisione di stato, Seda Sima, Irib in inglese, entrambe le sigle stanno per Organizzazione della Radiotelevisione della Repubblica islamica dell’Iran. Tsahal aveva mandato ai residenti della zona l’avvertimento di spostarsi. La televisione nata per diffondere la propaganda ha continuato a trasmettere durante la guerra per mostrare la versione dei fatti del regime: “l’entità sionista” ci attacca, ma siamo noi che la stiamo distruggendo. Il regime non può spegnere la propaganda, neppure se si trova in una capitale in cui jet israeliani vanno e vengono. Israele ha colpito mentre la televisione trasmetteva: la giornalista stava recitando un comunicato del Consiglio per la sicurezza nazionale iraniano contro Israele. Non ha finito di parlare, è scappata, la trasmissione si è interrotta.