La Ferrari conquista la 24 ore di Le Mans per il terzo anno di fila

La testardaggine di Robert Kubica ha vinto ancora una volta. Dall’incidente in Canada nel 2007 fino alla guida della “giallona” sotto la bandiera a scacchi della 24 ore più famosa del mondo

Conquistare la 24 ore di Le Mans per il terzo anno di fila è già di per sé un’impresa. Farlo con Robert Kubica alla guida della Ferrari numero 83, quella gialla gestita da Af Corse, aggiunge alla storia quell’aspetto della favola che rende il tutto ancora più incredibile. Sembra il racconto di un film americano dove lo sceneggiatore ha esagerato con la fantasia per strappare qualche lacrima in più in sala. Invece è straordinariamente tutto vero.

A guidare la “giallona” sotto la bandiera a scacchi della 24 ore più famosa del mondo c’è quell’ex ragazzo polacco che il 6 febbraio 2011 aveva rischiato di non risvegliarsi più dopo uno schianto terribile al Rally Ronde di Andora dove era andato a tenersi in forma in attesa di ufficializzare il suo passaggio alla Ferrari dove sarebbe stato il compagno di squadra di Fernando Alonso. Il guard rail era entrato nella sua Renault aprendola come una scatoletta e il Robert era stato trafitto da quella lama rimediando un numero infinito di frattura. Quella sera all’ospedale di Pietra Ligure tra gli amici in ansia c’era anche Fernando Alonso a sentirsi dire dal medico: “Non sappiamo se riuscirà a superare la notte”.

Il cavaliere dimezzato invece è risorto. “Sul corpo prima hanno lavorato parecchio gli altri, medici e chirurghi. Sulla mente invece ho dovuto lavorare io ed è stata tosta. Una volta che il fisico era a posto e i miei limiti erano chiari, sapendo che non sarei più tornato come prima, ho dovuto cominciare a lottare con la mia testa perché all’inizio il cervello rifiutava il mio corpo. Mi svegliavo e non sentivo il mio lato destro, il braccio, la mano. Mi ero reciso anche dei nervi e non avevo la sensibilità nelle dita, cosa che ancora oggi non ho del tutto”. Ha cominciato una lotta terribile tra dolori, incubi, con la necessità di dimenticare il passato per evitare di essere travolto dai pensieri sulla vita che avrebbe avuto senza quell’incidente.

La sua testardaggine ha vinto ancora una volta. Come quando da bambino dormiva nel garage magazzino del team italiano con cui correva nei kart. Arrivava dalla Polonia e ai tempi su diceva che in Italia i polacchi erano o lavavetri o parenti del Papa. “Ci sono stati momenti, anche dei mesi interi, in cui sarebbe stato più facile smettere. Pensare ho fatto il mio, la vita mi ha offerto questo scenario, ora faccio altro. Invece la mia testardaggine e la passione mi hanno riportato in pista. La voglia di rimettermi in gioco dopo l’incidente era fortissima. Guidare era la mia vita.” Robert non si è mai piegato e la sua vita è un esempio di resilienza senza fine. Nel 2007 in Canada è stato vittima di uno degli incidenti più spettacolari mai visti da quelle parti, andando a schiantarsi contro le barriere. Aveva un’immaginetta di Papa Giovanni Paolo II sul casco, ma non è mai stato un fedele devoto. Un anno dopo in Canada ha vinto il primo gran premio della sua vita con la Bmw, andando addirittura in testa al campionato. E la coincidenza pazzesca è che la sua vittoria a Le Mans sia arrivata proprio nel giorno in cui la Formula 1 correva in Canada dove tra l’altro ha vinto George Russell, uno dei suoi ultimi compagni di squadra in Formula 1 nel 2019 alla Williams.

Per tornare a vivere era diventato pure mancino. “A 28 anni mi sono ritrovato a dover imparare a fare delle cose che fai da bambino. A lavarmi i denti, a scrivere per non dire altro con la sinistra e ho scoperto quanto ci si stanca a scrivere a mano…”… Ma dopo aver vinto la battaglia con il corpo, ha dovuto battere anche la sua mente e poi la diffidenza dei team manager che non credevano nel suo recupero. Robert ha vinto contro tutto e tutti. È tornato anche in Formula 1, ma in squadre con meno futuro di quello che aveva lui. “C’era chi raccontava che a Monte Carlo non sarei riuscito a guidare, invece ho ottenuto uno dei miei risultati migliori”.

Un’altra rivincita. Poi è arrivato l’endurance, una categoria che gli ha ridato il gusto delle cose antiche, quando da bambino aveva cominciato. Anche lì però aveva dovuto fare i conti con la fortuna: quattro anni fa stava vincendo in categoria LMP2,ma la sua macchina si fermò proprio all’ultimo giro… A quasi 41 anni (li compirà a dicembre) ha chiuso il cerchio. Ha vinto a Le Mans con la Ferrari. “Per me il successo più grande non ha nulla a che vedere con le corse: la vera battaglia che ho dovuto affrontare è stata quella con la mia testa per accettare l’incidente e le sue conseguenze, i miei limiti e il periodo di recupero. Sono stati mesi e anni di lavoro mentale per smettere di pensare a che cosa sarei potuto diventare, concentrandosi invece sugli obiettivi per il futuro”. Un uomo che ha capito il senso delle cose e della vita.

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