Il ban di Trump agli studenti esteri di Harvard è antieconomico: blocca l’esportazione di servizi

Non ha alcun senso, nell’ottica della guerra commerciale che il presidente americano sta conducendo, penalizzare un settore competitivo e che esporta. Soprattutto se la politica industriale è quella di riportare in America la manifattura a basso valore aggiunto attraverso i dazi

La guerra tra la Casa Bianca e Harvard continua. Una giudice federale ha sospeso il blocco all’iscrizione di studenti stranieri imposto dall’Amministrazione Trump. Il dipartimento per la Sicurezza interna aveva annunciato la revoca dell’autorizzazione a iscrivere studenti dall’estero perché riteneva che l’ateneo non fosse riuscito a creare un ambiente sicuro per gli studenti, in particolare ebrei, sostenendo che il campus sia pieno di antiamericani, antisemiti e filoterroristi. L’università ha fatto ricorso, ottenendo un’ordinanza restrittiva temporanea che per il momento le consente di andare avanti: dopo aver subìto un taglio dei fondi federali, rinunciare a circa 7 mila studenti internazionali (il 25 per cento del totale) sarebbe stato un colpo letale dal punto di vista finanziario. Questo è un punto rilevante per tutto il paese.

Tralasciando per un momento le considerazioni sui diritti civili e la libertà accademica, ciò che non si capisce è il senso economico delle misure di Trump. Perché il ban agli studenti esteri è, di fatto, una barriera all’export. Secondo i dati del dipartimento del Commercio americano, gli studenti stranieri valgono 50 miliardi di dollari e rappresentano una delle principali voci dell’export di servizi: nel 2024 gli Stati Uniti hanno ospitato 1,1 milioni di studenti internazionali. L’educazione, soprattutto universitaria, è un settore in enorme espansione negli ultimi decenni, che produce capitale umano, crescita economica, export e lavori qualificati e ben retribuiti. Non ha alcun senso, nell’ottica della guerra commerciale che Trump sta conducendo, penalizzare un settore competitivo e che esporta. Soprattutto se la politica industriale è quella di riportare in America la manifattura a basso valore aggiunto attraverso i dazi. La prospettiva è avere “un esercito di milioni e milioni di esseri umani che avvitano piccole viti per fare gli iPhone”, come ha detto baldanzoso il segretario al Commercio Howard Lutnick, al posto di un esercito di ingegneri, programmatori, biotecnologi, fisici, matematici e imprenditori innovativi.

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