Il patriarca Kirill si è detto pronto a collaborare con il Vaticano, ma anche circoscritto l’ambito di tale cooperazione: tutela dei valori tradizionali, mantenimento della pace (quale?, ndr), protezione dei cristiani, tutela dell’ambiente e le questioni umanitarie”. Fine. Di Ucraina nemmeno una parola
Roma. Il cardinale Pietro Parolin, segretario di stato della Santa Sede, l’ha ribadito per l’ennesima volta qualche giorno fa: “Lo abbiamo sempre detto, lo abbiamo sempre ripetuto: Noi siamo disponibili. Se voi volete incontrarvi, la Santa Sede, il Vaticano potrebbe essere un luogo molto indicato. Con tutte le discrezioni del caso”. Il Vaticano, fin dal giorno dell’invasione russa in Ucraina, è disponibile a facilitare una mediazione fra le Parti in conflitto, mettendo a disposizione luoghi, discrezione e collaudate capacità di far dialogare i contendenti. “Ogni sforzo perché questa pace si diffonda”, ha dopotutto sottolineato Leone XIV pochi giorni dopo l’elezione. Che dunque il Papa sia disponibile a ospitare colloqui fra russi e ucraini è scontato – perché dovrebbe opporsi? –, gli ucraini hanno già dato la propria convinta e totale disponibilità, il governo italiano pure, Donald Trump è lieto di togliersi un impiccio che lo sta tenendo fin troppo occupato.
Il problema è sempre lo stesso: la Russia. Sì, il patriarca Kirill si è detto pronto a collaborare con il Vaticano, ma anche circoscritto l’ambito di tale cooperazione: tutela dei valori tradizionali, mantenimento della pace (quale?, ndr), protezione dei cristiani, tutela dell’ambiente e le questioni umanitarie”. Fine. Di Ucraina nemmeno una parola, come è ovvio. Su questi presupposti, è arduo pensare che Mosca accetti una “facilitazione” portata avanti dal vescovo cattolico di Roma. Il modello, evocato in questi giorni, è quello della mediazione fra l’Argentina e il Cile negli anni Novanta, che scongiurò la guerra. C’è però una differenza: i due paesi sudamericani erano a maggioranza cattolica e l’intervento di Roma aveva quindi anche un’alta valenza morale. L’eventuale azione della Santa Sede non è esente da rischi: esporsi in modo diretto con interlocutori inaffidabili quali sono Vladimir Putin e Donald Trump può comportare anche il fallimento. Un rischio, però, che Leone XIV pare intenzionato a correre. Ammesso che l’aggressore accetti di sedere davvero al tavolo dei negoziati.