Il conflitto senza interessi di Berlusconi e gli interessi senza conflitto dell’èra trumpiana

La stampa internazionale che censurava un conflitto senza interessi, nel caso del Cav., guardando a quanto sta facendo il presidente americano dovrebbe riflettere sulle sue passate asinerie

Quando Trump aveva politicamente i calzoni corti e i calzettoni, qui c’era un Berlusconi maturo che otteneva regolare mandato democratico per governare. Era un uomo ricco, forte nel settore dell’edilizia e dei media, sopra tutto, e fu investito da una campagna spietata sulla questione del conflitto di interessi. Lo ricordiamo tutti. La campagna, che ebbe effetti politici paralizzanti, e notevoli ripercussioni sul tema della legittimità del mandato del presidente del Consiglio e del suo esercizio, almeno finché un elementare senso della realtà non contribuì a svuotarla di significato, esibì in Italia e nel mondo, con il contributo militante di gran parte della stampa internazionale a vocazione liberal, un campionario di balle e ipocrisie fenomenale. Ora è il momento della Nemesi.

Nel caso patologico e ipernarcisistico di Trump si vedono gli interessi ma, come mi dice Cerasa, non si vede il conflitto. E la stessa stampa internazionale che censurava un conflitto senza interessi, nel caso del Cav., che non è morto povero ma non si è mai arricchito con la carica ricoperta nel suo paese, dovrebbe riflettere sulle sue passate asinerie (il Foglio dedicò un intero numero speciale in inglese per spiegare ai colleghi censori d’oltremare come stavano davvero le cose). Quando un presidente riceve in regalo da uno stato estero un aereo da 400 milioni di dollari, e s’impegna a corredarlo delle strutture di sicurezza necessarie a un Air Force One con fondi federali, per poi continuare a detenerne la proprietà attraverso una sua fondazione dopo la scadenza del mandato, bè, impallidisce anche la storia dei diamanti di Jean-Bédel Bokassa, imperatore del Centroafrica e fervente ammiratore di Napoleone, regalati per un ridicolo valore di un milione di franchi al presidente francese di allora, Valéry Giscard d’Estaing (1979). Ridicola poi la storia dell’Air Force Renzi, l’aereo che il successore di Berlusconi nelle campagne di delegittimazione, aveva approntato per il rinnovo, secondo le regole, della flotta di stato.

Ridicolo tutto, anche le polemiche sulle rogatorie o le leggi ad personam, varate da Camere elette per legiferare a maggioranza, e che agirono nel contesto dell’aggressione giudiziaria politicizzata che alla fine condusse a una condanna per reato fiscale del maggior contribuente italiano, laddove le tasse di Trump sono un oscuro mistero, mai rivelato, e la sua condanna per reati di falso in bilancio è stata derubricata a incidente privo di conseguenze apprezzabili prima, durante e dopo le recenti elezioni e la vittoria dell’Impostore. Per non parlare dell’attacco alle aziende legali costrette sotto minaccia del ritiro delle commesse federali a pagare in moneta sonante per le cause promosse dal tycoon diventato presidente. Per non parlare del sequestro politico dell’intero dipartimento di Giustizia, delle minacce ai giudici che non si adeguano, delle cause milionarie e delle intimidazioni ai media. Per non parlare della emissione di criptovalute intestate a Trump e Signora, delle speculazioni sul real estate sotto gli occhi di tutti nei paesi arabi dipendenti dalle forniture di materie prime e armi al presidente fattosi stato e rimasto superinvestitore privato, l’Immobiliarista in chief che fa e disfa pace e guerra, dazi e liberoscambio, il tutto a buon pro dell’età dell’oro, più sua che americana, come si vede da molti segni. La grande razzia ha i suoi modi e le sue giustificazioni, per così dire, e non si ha voglia di intromettersi con nuovi esercizi di moralismo, ma chi ha censurato il conflitto senza interessi rifletta sulle sparate di ieri alla luce, oggi, della pagliuzza nell’occhio o della trave dell’èra Trump chiamata interessi senza conflitto.

  • Giuliano Ferrara
    Fondatore
  • “Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.

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