Qualche spiegazione alla disputa tra i villini della via Ristori, a Roma

Una via sospesa tra malinconia e ironia diventa teatro di una surreale contesa sui cassonetti, tra celebrità, comitati e misteri dell’organico

Via Adelaide Ristori, intesa come infrastruttura utile a spostarsi da un posto a un altro e come segmento integrante della rete viaria capitolina, non serve a niente. Parte da via Tommaso Salvini, fa una curva abbastanza regolare e, compiuto un quasi semicerchio, torna a via Tommaso Salvini. Può piacere molto a chi ama il genere villino inizio Novecento, e allo stesso tempo può fare, nel suo silenzio pur apprezzabile, una certa sensazione di malinconia, priva com’è quasi del tutto di negozi e decorata da fregi e stemmini vari dall’aria aggressivamente proprietaria e un po’ lugubre. Fa parte di un piccolo quadrante di strade intestate ad attori dell’ultima grande stagione teatrale precedente al trionfo del cinema (anche se ci è stata recentemente inserita anche la più cinematografica Anna Magnani). Nomi che rimandano a due o tre viali del tramonto fa e non possono che indurre ulteriore malinconia specialmente in attori e personaggi di spettacolo viventi. Eppure sono in molti tra di essi a sceglierla. Ci ha abitato Massimo Troisi, ora ci abitano Sergio Castellitto e Margaret Mazzantini. E qui veniamo al punto, di cui forse avrete qualche sommaria conoscenza. Sì, parliamo della disputa dei cassonetti, cioè della vicenda della loro sparizione, assenza temporanea (con residenti costretti a migrare in altri punti di raccolta) e riapparizione (tra sospetti e, forse, ammanchi). Ma attenzione, nella vicenda domina una oscura irrazionalità. Come la via Ristori, le informazioni partono da un punto e tornano al punto di partenza, lasciandoci nulla se non quella leggera malinconia cui si è già accennato.

Uno spunto ironico e provocatorio potrebbe portarci a Mazzantini, di madre lingua inglese, per il rovesciamento della cosiddetta sindrome Nimby (Not in My Back Yard) trasformata, ma secondo voci assolutamente non confermate, in In My Back Yard But Not On the Sidewalk Under My Home. Perché, dice la forse inattendibile vox stradaiola, Castellitto e Mazzantini avrebbero spostato nel loro privato giardino i detestati cassonetti dal marciapiede posti dall’azienda Ama davanti a casa loro. Un’accusa cancellata dal ritorno dei cassonetti nella loro posizione originaria e talmente insensata da far subito parteggiare per l’artistica coppia, chiaramente oggetto di calunnia.

Dall’altra parte c’è un agguerrito comitato di quartiere, espressione di un attivismo sociale apparentemente poco pariolino (ma i tempi cambiano) e anche, non se ne vogliano, involontaria longa manus di altri grandi del cinema infastiditi dalla sparizione dei cassonetti. Perché a pochi villini novecenteschi di distanza abita Paolo Sorrentino, ma certo non poteva mettersi lui direttamente a discutere di cassonetti (e che razza di tema) e con due colleghi. Nelle immagini raccolte da varie testate locali si vede effettivamente una serie di bei cassonetti nuovamente piazzati sulla via ricurva. Lucidi e con colori allegri. Un esponente del comitato parla come chi ha ottenuto ragione e ha vinto (c’è un giudice a Berlino) contro la protervia dei potenti ma preferisce restare in guardia, mentre allude alla probabile mancanza del contenitore per l’organico. Resta la non credibilità generale della vicenda, sulla quale sospendiamo il giudizio. Ma resta anche da chiarire il rapporto tra intellettuale e organico, che, aggettivando il secondo sostantivo ci porterebbe su un impervio terreno tra Gramsci e la frazione umida.

L’ultima possibile spiegazione la inventiamo ora, con il piacere di sublimare (o riciclare) il complottismo. Perché nelle stesse ore in cui si chiudeva la disfida con il ritorno dei cassonetti il comune di Roma assegnava definitivamente a un consorzio di imprese i lavori per costruire e gestire il nuovo meraviglioso termovalorizzatore, impianto necessario, salva città, nemico dei gabbiani e del percolato e dei treni che trasportano nel mondo la spazzatura romana. Proponiamo, come iper complotto, una specie di chiodo scaccia chiodo applicato ai rifiuti. Certo, non è credibile come manovra per distrarre la cittadinanza ma lo è più del sequestro del cassonetto con posa in giardino.

Leave a comment

Your email address will not be published.