L’attuale camerlengo, non più coadiuvato dalla Camera apostolica (abolita da Bergoglio), deve occuparsi da solo dei beni temporali della Chiesa. Sembra che abbia nominato degli aiutanti personali ad nutum, dalla Segreteria di Stato. Una storia che dimostra la confusione imperante in questo periodo di congregazioni generali
Durante il periodo di Sede vacante, il camerlengo ha il compito di gestire i beni temporali della Chiesa. Approva i preventivi (i Conclavi, si sa, costano, perché la macchina organizzativa dietro di essi è poderosa) e amministra i beni della Chiesa, presiedendo la Sede vacante. Una volta era coadiuvato, nella gestione della Sede vacante, dalla Camera apostolica. Papa Francesco ha abolito la Camera apostolica.
E così, l’attuale camerlengo, il cardinale Kevin J. Farrell, si ritrova solo a dover gestire un collegio di tre cardinali in cui rientra il presidente del Consiglio per l’economia (in fondo, sempre di soldi si parla), ma senza alcuna struttura ad aiutarlo nel gestire la transizione. In congregazione generale dovrebbero andare i cerimonieri pontifici, che fungevano da raccordo tra il Collegio dei cardinali – che è quello che prende le decisioni – e la Prefettura della Casa Pontificia. Dalla seconda congregazione generale in poi, però, raccontano che il cardinale Farrell abbia vietato ai cerimonieri di accedere alle congregazioni generali. Piuttosto, ha nominato quattro personali aiutanti del Camerlengo, ad nutum come si dice nel latino dotto che regola la Chiesa, tra l’altro presi tutti dagli officiali della Segreteria di Stato, scelti tra l’altro insieme al sostituto, l’arcivescovo Edgar Peña Parra. Il fatto, però, è che la Segreteria di Stato è “segreteria papale” e quando non c’è il Papa i suoi officiali non possono essere presi e destinati ad altro incarico, perché il Camerlengo non è il Papa e non può prendere queste decisioni.
Sarà un dettaglio o un pettegolezzo, ma questa storia dimostra la confusione che regna sovrana in questo periodo di congregazione generale. La Chiesa “ospedale da campo” ha tagliato non solo con la tradizione, ma anche con le strutture, producendo ulteriori strutture parallele. Al tempo del pontificato di Papa Francesco erano le commissioni, ora sono gli aiutanti del camerlengo. Che si trova ad avere un potere incredibile, anche più di quello che dovrebbe avere, in una situazione di incertezza, mentre il cardinale Re, il decano, fa fatica a contenere i cardinali che parlano più dei cinque minuti previsti. Così, tagliando i ponti con la storia, è rimasta una anarchia istituzionale. E se i cardinali recenti non possono comprendere le differenze, gli altri si rendono conto che c’è bisogno di un nuovo ordine.
Si parla di questo, mentre nel pomeriggio i cardinali si sposteranno a Santa Marta e Santa Marta Vecchia, pronti a eleggere il nuovo Papa. C’è chi dice che ci sia già convergenza sul nome, mentre stanno arrivando gli ultimi elettori. Il cardinale Puljic, che sembrava non poterci essere, ha trovato anche il modo di votare in Sistina. La verità è che i cardinali sono divisi. Alcuni vogliono andare oltre la rivoluzione bergogliana. Nessuno, per loro, sarebbe abbastanza per essere davvero un Francesco II. Nemmeno un Giovanni Paolo III.