Il sindaco di Bucarest è il candidato di rottura che oltre a sfidare il nazionalista di estrema destra George Simion al ballottaggio, dovrà vedersela anche con i partiti tradizionali
In Moldavia i cittadini con passaporto romeno hanno votato al 52,63 per cento per Nicusor Dan, il sindaco di Bucarest candidato come indipendente. Anche l’affluenza alle urne moldave è stata alta e la ragione è semplice: i romeni che vivono nella Repubblica di Moldavia temono che una vittoria del nazionalista di estrema destra George Simion permetterebbe al capo del Cremlino Vladimir Putin di usare la Romania come porta secondaria per assumere il controllo totale sulla Moldavia. Ci sono vari precedenti che hanno messo addosso a Simion l’etichetta di servo di Putin.
Nonostante il candidato del partito Aur, arrivato al 40 per cento al primo turno delle elezioni di domenica, dica di non essere né dalla parte della Russia né dalla parte dell’Ucraina ma di pensare esclusivamente alla Romania, quando nel 2022 Mosca tagliò tutte le forniture di corrente ai moldavi e Bucarest intervenne per aiutare la repubblica vicina, Simion disse di odiare la Moldavia e che aiutarla dal punto di vista energetico era un errore. Prendere come esempio il voto dei romeni della Moldavia è importante perché evidenzia quanto l’elezione in Romania sia rilevante per tutta l’Europa, pesa sul futuro della sicurezza europea ed ucraina ed è un segnale vistoso di come la fiducia nei confronti delle autorità romene si sia ormai erosa. Non soltanto ha vinto Simion, raccogliendo l’eredità di Calin Georgescu con un messaggio nazionalista, razzista, euroscettico e antioccidentale, ma anche dal fronte europeista i romeni, anziché scegliere un candidato in continuità con le autorità o un rappresentante dei partiti che hanno fatto da protagonisti nella politica del paese, il Psd (Partito socialdemocratico) e il Pnl (Partito nazional liberale) hanno puntato su Nicusor Dan, un matematico, che aveva fondato un partito, chiamandolo Salviamo la Romania, ma alla fine ha preferito presentarsi alle elezioni come indipendente per dimostrare di essere lontano da ogni schema politico: aveva sentito l’aria e ha fatto la scelta giusta. Anche i romeni della Moldavia, per i quali le questioni legate alla sicurezza sono più urgenti, non si sono fidati dei volti vecchi e per rappresentare le loro istanze hanno scelto un candidato nuovo, senza insegne. Il voto romeno ha mandato un messaggio chiaro sulla crisi che esiste in Romania, sull’esigenza di rinnovamento e di cura dei problemi economici e sociali.
L’elezione in un paese lungo il confine sudorientale dell’Europa ha assunto presto una dimensione internazionale tra l’allarme dei servizi segreti sulle ingerenze russe, l’interessamento e l’intrusione della Casa Bianca e la quantità di cappelli rossi usati come richiamo al presidente americano e indossati da ben due sfidanti: Simion e Ponta si sono contesi il titolo di candidato trumpiano. Ieri Nicusor Dan ha scritto sulla sua pagina Facebook: “Chiamo al mio fianco tutti coloro che credono nella legge, nella verità, nell’istruzione, in un’economia moderna, in solide alleanze con il mondo libero. Insieme possiamo fermare l’onda d’odio e manipolazione. Insieme possiamo costruire una Romania che non abbia paura del futuro”. Il suo messaggio è unificante e Dan sa che esiste un precedente storico che racconta di come sia possibile sfidare un candidato forte di un consenso così alto: nel 2014, l’ex presidente Iohannis riuscì a vincere contro Ponta, che aveva raggiunto al primo turno il 40 per cento dei voti. Per Iohannis però era molto più semplice unire il voto europeista e atlantista, Dan invece è percepito come un corpo estraneo, piace a chi cerca discontinuità, ma potrebbe essere punito da chi invece non ha apprezzato il suo posizionamento al di fuori dei partiti politici romeni. Le elezioni di Bucarest hanno però mostrato che tutto è possibile.
La corsa di Simion invece è stata lenta e paziente: il partito Aur ha iniziato a farsi conoscere durante la pandemia, promuovendo idee contro vaccini e mascherine, ha proseguito opponendosi al sostegno romeno all’Ucraina, dicendo che Bucarest doveva pensare a Bucarest e non mettersi in mezzo a una guerra non sua. Nel frattempo ha continuato a promuovere idee razziste, antisemite, che lo hanno reso l’erede naturale di Calin Georgescu.