L’uccisione di Roshchyna e il buio nei territori occupati

Per Mosca non deve uscire nessuna informazione dalla parte di Ucraina che ha preso con la forza: l’intero territorio è sigillato, tutto è controllato. Ottenere le prove, documentare, mostrare i crimini è importante per tirare fuori gli ucraini sotto il controllo del Cremlino e per essere creduti

In Ucraina c’è un territorio vasto poco meno di 113.000 chilometri quadrati da cui non escono informazioni, se non a rischio della vita. E’ sigillato, l’Ucraina libera e combattente finisce lungo il fronte e oltre inizia il buio dell’occupazione russa. Il male, la tortura, la morte, lo stupro, le vessazioni, la propaganda, l’intimidazione fanno parte del progetto di conquista del Cremlino e non è un caso che escano più notizie dall’impenetrabile Russia che dai territori ucraini occupati che si estendono su cinque regioni: Crimea, Kherson, Zaporizhzhia, Donetsk e Luhansk. Sapere cosa succede in quelle terre è vitale per spiegare che la questione tra Russia e Ucraina non ha a che fare con il territorio e la linea sottilissima e di fuoco che divide due parti dello stesso paese segna tutta la distanza che c’è tra libertà e oppressione, tra diritti e violenza. Viktoria Roshchyna era già stata nella parte occupata di Zaporizhzhia, dove l’esercito russo nel 2022 era arrivato rapidamente, grazie alla forza accumulata in Crimea dal 2014. Era stata arrestata a Berdjansk e rilasciata dopo dieci giorni. Aveva visto quanto fosse pericoloso finire nelle mani degli agenti di Mosca ma, dopo un’attenta valutazione e una dose fuori dal comune di coraggio, aveva pianificato un secondo viaggio. Nel 2023 è entrata nella Federazione russa attraverso il confine con la Lettonia, era diretta a Enerhodar, la città nella regione di Zaporizhzhia, conosciuta come sede della centrale nucleare più grande d’Europa, finita in mano russa. Roshchyna indagava sulle torture inflitte al personale ucraino della centrale, aveva pianificato di restare nella città per tre giorni: è stata arrestata, trasferita a Melitopol, infine a Taganrog, in Russia, dove è stata uccisa. Il suo corpo è tornato in Ucraina dopo sei mesi dalla morte: le erano stati asportati il cervello, gli occhi e la laringe, per cancellare la storia delle torture. Per Roshchyna, andare a Enerhodar voleva dire trovare le prove di un metodo di violenza applicato a tutto il paese, a ogni cittadino, anche a lei. Mosca si è comportata con il corpo della giornalista seguendo lo stesso principio che vale per i territori occupati: le prove della violenza devono essere rimosse. Questa rimozione viene effettuata con brutalità e meticolosità: quel che Mosca si prende, finisce in un buco nero. Roshchyna lo sapeva, per questo è ripartita. Lo sapeva anche Viktoria Amelina, giornalista che dal 24 febbraio del 2022 si era messa a percorrere tutto il paese per raccogliere le prove dei crimini di guerra. E’ stata uccisa da un missile russo lanciato contro un ristorante a Kramatorsk.

L’ansia di registrare, di mostrare, di raccontare il male subìto e visto nasce dalla necessità di essere creduti e mostrare la differenza tra libertà e oppressione. Per più di un anno, da quando è stata incarcerata, poi ne è stata comunicata la morte, Roshchyna è rimasta nel buio della prigionia russa. Ci sono oltre sedicimila persone che Mosca ha risucchiato: sono giornalisti, volontari, cittadini comuni rapiti nei territori occupati e messi nei campi di detenzione. Nello spazio vasto poco meno di 113.000 chilometri quadrati che il Cremlino ha sigillato, vivono circa 3,5 milioni di ucraini per i quali tentare di uscire è spesso pericoloso tanto quanto rimanere rinchiusi.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull’Unione europea, scritto su carta e “a voce”. E’ autrice del podcast “Diventare Zelensky”. In libreria con “La cortina di vetro” (Mondadori)

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