Amnesty accusa Israele di “genocidio in streaming”. Parla Steinberg: “Odiano l’occidente”

“La loro ideologia è figlia del periodo della guerra fredda, quando i sovietici furono abili nell’infiltrarsi in occidente e dissero che il sionismo era razzista. La struttura delle ong occidentali si basa su questo”, dice il docente della Bar Illan University, fondatore e direttore di Ngo Monitor

Dalla sua creazione nel 1961 da parte dell’avvocato britannico Peter Benenson, Amnesty International è riuscita ad abolire la pena di morte in Burkina Faso e nello stato di Washington, per non parlare del rilascio di centinaia di persone ingiustamente imprigionate. Vittorie coronata dal Nobel per la Pace nel 1977. Da allora, per dirla con Salman Rushdie, è finita in “bancarotta morale”. Amnesty ha accusato Israele di “genocidio in diretta streaming”, come ha dichiarato la segretaria di Amnesty, Agnes Callamard. Due mesi fa, Amnesty aveva detto sui fratellini Bibas, rapiti, strangolati e mutilati a Gaza: “La consegna da parte di Hamas dei corpi di una madre e dei suoi due piccoli figli – uno di loro catturato quando aveva nove mesi – è un monito dell’urgente necessità che tornino in libertà tutti gli ostaggi civili e i palestinesi sottoposti a detenzione arbitraria”.



Amnesty ha dunque paragonato i terroristi palestinesi imprigionati e con 40-50 ergastoli ai bambini di Bibas assassinati e mutilati, in quanto “civili detenuti arbitrariamente”. Prima Jean-Claude Samouiller, presidente di Amnesty France, poi la segretaria di Amnesty International, Agnès Callamard, hanno rifiutato la definizione di “terrorista” per i tagliagole di Gaza. “Perché il termine terrorista non è riconosciuto dal diritto internazionale”, hanno detto. Al momento della pubblicazione del rapporto sull’“apartheid israeliano contro il popolo palestinese”, Saleh Hijazi era vicedirettore per il programma medio oriente presso il segretariato internazionale di Amnesty e capo dell’ufficio di Gerusalemme Est. Hijazi ha lasciato Amnesty. La sua posizione attuale? Coordinatore della “politica anti-apartheid” all’interno del Bds, il boicottaggio di Israele. Per vent’anni, l’avvocato ed ex ambasciatore francese per i diritti umani François Zimeray (nonché legale di Boualem Sansal) ha osservato una “negligenza nella lotta contro l’antisemitismo da parte di molte ong, tra cui Amnesty. Come possiamo esitare a chiamare Hamas ‘terrorista’ quando non esitiamo a parlare di ‘apartheid’ per Israele?”. Il direttore di Amnesty Stati Uniti, Paul O’Brien, ha affermato che la sua organizzazione è contraria al fatto che “Israele continui a esistere come stato del popolo ebraico”. “Siamo contrari all’idea – ha detto O’Brien intervenendo al Women’s National Democratic Club a Washington – e questa penso sia una parte esistenziale del dibattito”. Sicuramente sembra parte dello statuto di Amnesty International.


“Ci sono molti modi per spiegare l’ossessione di Amnesty per Israele’” dice al Foglio Gerard Steinberg, docente alla Bar Ilan University, fondatore e direttore di Ngo Monitor. “La loro propaganda, come quella di Human Rights Watch, nasce dalla cultura antioccidentale che risale al periodo della Guerra Fredda, quando i sovietici furono abili nell’infiltrarsi in occidente e dissero che il sionismo era razzista. La struttura delle ong occidentali si basa su questa ideologia, assieme all’ideologia del ‘Sud globale’, in cui i palestinesi sono sempre le vittime dell’occidente, mentre Israele è l’espressione dell’imperialismo, assieme a una certa cultura antisemita che agisce nel profondo. E’ la classica inversione della cultura dei diritti umani. L’influenza delle ong sui media, dalla Bbc alla Cnn al New York Times, è profonda e vengono considerate ong rispettate. I loro autori sono chiamati ‘esperti indipendenti’ e sono molto potenti. Hanno un budget di trecento milioni di dollari annuali”. E le parole che usano sono precise, da Israele “genocida” al rifiuto di chiamare Hamas “terroristi”: “I diritti umani si basano sulla dichiarazione del 1948 e Amnesty ha tradito la missione” conclude Steinberg. “Attaccano Israele e dicono che i palestinesi non sono terroristi perché sono vittime. E’ un sistema ideologico semi-religioso”.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.

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