Trump imbroglia i suoi alleati: negozia con Mosca alle spalle degli ucraini e accusa Zelensky di sabotare gli accordi. Lo stesso principio lo applica contro Israele nei colloqui con Teheran. Un documento che lo dimostra
Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, avrebbe dovuto pronunciare lunedì un discorso per il Carnegie Nuclear Policy ma, quando ha scoperto che dopo l’intervento era previsto un momento di domande e risposte, si è tirato indietro spiegando: “L’Iran non ha alcuna intenzione di negoziare in pubblico”. Araghchi però ha preferito non sprecare il discorso che aveva già preparato e lo ha pubblicato direttamente su X. Il documento è interessante sotto diversi aspetti: il ministro dice che il nucleare iraniano è a uso civile, ma purtroppo “i gruppi di interesse” hanno diffuso la menzogna di ambizioni militari che Teheran non ha. Gli stessi “gruppi di interesse” stanno cercando di sabotare i colloqui con gli americani che si svolgono perché Donald Trump “sembra essere consapevole degli errori delle amministrazioni precedenti, che sono costate ai contribuenti americani miliardi di sprechi in medio oriente con zero guadagni per gli Stati Uniti”. In vari punti del suo discorso, Araghchi parla delle “amministrazioni precedenti … influenzate dai gruppi di interesse” e non menziona mai le responsabilità di Trump nello stracciare l’accordo sul nucleare iraniano. Il ministro scrive che il Jcpoa, il piano raggiunto con Barack Obama, era un pessimo accordo e né Teheran né Trump vogliono qualcosa di simile. Araghchi indica un terreno comune fra il regime iraniano e il capo della Casa Bianca e allude alle possibilità di investimento che la Casa Bianca può trovare in Iran. Il ministro, abile diplomatico, parla per compiacere Trump, addossa ogni responsabilità di fallimento a chi lo ha preceduto. Nel modo di parlare al presidente americano, Araghchi segue il copione con cui finora i russi si sono rivolti al capo della Casa Bianca, con successo. Mosca ha capito che Trump non è interessato a quale tipo di accordo stringere, basta averne uno. Lo stesso principio Mosca lo ha insegnato all’Iran e i risultati si vedono: alla Casa Bianca importa poco se un accordo sul nucleare rimanga un rischio per Israele e tutto il medio oriente, se le garanzie di sicurezza e di sorveglianza sul progetto del nucleare iraniano sono reali o fittizie. Come va contro le priorità di Israele, lo sta facendo con l’Ucraina. Il presidente americano, ascoltando Steve Witkoff, l’inviato speciale mandato a risolvere tutte le crisi e che negozia anche con gli iraniani, ha approvato un piano di pace che prevede la cessione da parte dell’Ucraina dei territori occupati da Mosca e il riconoscimento americano della Crimea come Russia. Questo piano non prevede garanzie di sicurezza per Kyiv e gli americani erano pronti a imporlo agli ucraini durante il vertice di Londra, se non fosse che Volodymyr Zelensky li ha preceduti dichiarando che l’Ucraina non avrebbe mai riconosciuto la sovranità russa sulla Crimea, è anche una questione costituzionale. Anziché vedere l’errore di un accordo punitivo e poco lungimirante, Trump ha accusato il presidente ucraino di “mandare avanti lo sterminio” con il suo rifiuto di cedere la Crimea. “Può avere la Pace – scrive Trump sulla sua piattaforma Truth – oppure continuare a combattere per altri tre anni e perdere l’intero paese”. E conclude: “Siamo molto vicini a un accordo, ma l’uomo ‘che non ha le carte’ (autocitazione dall’incontro con Zelensky nello Studio ovale) adesso deve finalmente concludere”. La logica di Trump e Witkoff è semplice: non negoziano per impedire in futuro che Putin attacchi di nuovo l’Ucraina o un altro paese ai suoi confini, non negoziano per evitare che Teheran venga privato della capacità di avere armi nucleari. L’arte dell’accordo sta tutta nel concluderlo, indipendentemente dai costi futuri, dai tradimenti nei confronti degli alleati come Israele o come l’Ucraina, che in questo momento l’Amministrazione americana vede come dei piantagrane, “sabotatori” (come direbbe Araghchi) nel mezzo della sua strada facile e sbrigativa verso una pace ingiusta. Gli Stati Uniti si sono mossi alle spalle di Kyiv, dalle parole di Trump emerge che un’intesa generale con Mosca esiste già. Anche il negoziato con Teheran è iniziato alle spalle di Israele, che su un accordo ora non ha voce in capitolo.