Come affrontare i rischi ambientali e idrogeologici? Parola alla Corte dei conti

Per risolvere le gravi inefficienze nell’attuazione del piano contro il dissesto idrogeologico servono interventi urgenti. Bisogna superare sovrapposizioni, banche dati non integrate e carenze nei controlli

Quante volte si è detto, durante un momento critico, che non bisogna occuparsi delle questioni ambientali e idrogeologiche nelle emergenze, che intervenire ex post comporta costi assai più elevati sotto ogni profilo (umano, anzitutto, e poi finanziario) e che il governo e il Parlamento dovrebbero, quindi, pianificare gli interventi da compiere? Molte volte, troppe, soprattutto perché l’Italia è un paese bellissimo, ma il cui territorio presenta vari punti fragili, dalle frane dell’Appennino ligure e romagnolo all’erosione delle coste calabresi, ed essi lo sono ancor di più a causa del mutamento climatico. Per questi motivi, meritano attenzione le valutazioni formulate dalla Corte dei conti, lo scorso 4 aprile, sull’attuazione del piano nazionale per la mitigazione del rischi idrogeologico, il ripristino e la tutela ambientale.



Lo scopo del piano, adottato nel 2019, è di coordinare in un’unica sede i diversi programmi di contrasto al dissesto idrogeologico e le relative risorse. Nella relazione della Corte dei conti, sono indicati sia i passi compiuti e quelli che restano da compiere, sia le disfunzioni emerse nel corso degli ultimi anni. Relativamente alle disfunzioni, la lettura della relazione è assai istruttiva. Essa segnala, in primo luogo, che nel giro di pochi anni vi è stata una sovrapposizione di strutture di coordinamento. La conseguenza che ne discende è paradossale, ossia la necessità di individuare una super-struttura di coordinamento. La seconda disfunzione riguarda le banche dati utilizzate dalle varie amministrazioni, “per le quali manca un sistema di interoperabilità”. La terza disfunzione sottolineata dalla Corte dei conti riguarda “la carenza nel monitoraggio”.



E’ interessante notare che le strutture amministrative della presidenza del Consiglio, sentite dalla Corte, sono consapevoli delle disfunzioni e ritengono, quindi, necessario un intervento normativo. Questa richiesta può anche essere fondata. Ci si può chiedere, tuttavia, se prima di rivedere la disciplina legislativa esse abbiano fatto tutto quanto è possibile con gli strumenti regolamentari e amministrativi di cui dispongono. Troppo spesso, infatti, le amministrazioni preferiscono risolvere i problemi in via legislativa e questo è un errore, perché spesso si realizza mediante l’abuso dei decreti-legge e in ogni caso comporta un ulteriore incremento della legislazione. Ci si può chiedere, inoltre, perché le forze di opposizione tardino nel chiedere che il Parlamento discuta – come è suo precipuo compito – di questi problemi prima che sorga una nuova emergenza. Un’opposizione che intenda seriamente candidarsi alla guida del paese dovrebbe incalzare il governo su questo fronte.

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