Il documentario sul calciatore esplora la sua battaglia con la ludopatia, mostrando le sfide personali di un calciatore. Tuttavia, solleva dubbi sull’uso della vicenda a fini promozionali da parte del club
“Tutto e subito”. Punge Fagioli quando racconta al suo psicoterapeuta di una cover coperta di diamanti da 6.000 euro, acquistata quando si trovava a Dubai. In “Fragile” – il documentario dedicato al centrocampista della Fiorentina e alla sua ludopatia – non mancano le parole che fanno riflettere. Lo facevano lo scorso autunno, quando il corto fu presentato alla Mostra del cinema di Venezia e iniziò la sua diffusione. Ma lo fa ancor più oggi, quando si torna a parlare di questa triste storia, che ha dentro molti aspetti bui del nostro pallone: la solitudine – umana, prima che fisica – dei calciatori quando arrivano all’apice, il silenzio che li circonda nelle ferite più profonde, gli errori che si ripetono e strabordano in illegalità, il desiderio sfrenato fino alla ludopatia. A rivederlo oggi ci si chiede ancor di più chi, nello scandalo per le scommesse illegali dei calciatori, possa avere il coraggio di guardare la vicenda senza, appunto, fermarsi alla parola “scandalo”, ma cercando quantomeno di capire.
“Ho pagato il mio debito con la giustizia. Con una condanna e una sacrosanta squalifica, con umiliazioni continue e giustificate, con la vergogna provata e con il rischio di non rialzarmi più”, ha scritto nei giorni scorsi Fagioli per chiedere respiro sulla vicenda. Cerca di guardare a quel vuoto il documentario, che però pone una riflessione ulteriore. Stavolta non c’entrano i contenuti, semmai la sua produzione, lo Juventus Creator Lab, laboratorio che cura i contenuti digitali per il club bianconero e che appunto ha firmato questo film ora diffuso su Prime. La domanda è lecita: può la vicenda spinosa di un tesserato che soffre di ludopatia – ancora freschissima, oggi come lo scorso autunno, e tostissima da raccontare – diventare una card di storytelling da giocarsi nella narrazione di una squadra di calcio? Quanto sarà libero e indipendente un contenuto con questa origine? Il confine tra giornalismo e marketing è sottilissimo, la strategia è scambiata per diritto di cronaca, ed è un delitto far diventare una vicenda umana tanto lancinante – anche narrata con le più nobili intenzioni – un’operazione di rilancio dell’immagine.
Certo questa pare essere la tendenza del mercato dei documentari sportivi. Innovativi e adrenalici nelle sequenze, esplosi con la diffusione delle piattaforme di streaming, molti di essi sono campane che suonano all’unisono con i club, disposti ad aprire spogliatoi e portafogli per raccontare sé stessi al meglio. Si prenda “All or nothing”, la serie di documentari curata da Amazon Prime Video che ha portato milioni di spettatori dentro la vita di squadre come Arsenal, Manchester City, Tottenham e pure Juventus. Il ricavo di popolarità per le realtà sportive coinvolte è stato netto, ancor più, talvolta, della grandezza delle stagioni raccontate – per la Juve l’annata 2020-21 lì immortalata fu un autentico flop. Sono serie che emozionano per immagini e toni, ma che hanno la tendenza a rendere epico qualsiasi frammento di vita sportiva, non di rado in maniera eccessivamente roboante e poco credibile.
“Fragile” non è così e appare più lucido. Non ci sono passaggi sensazionalistici, si parla di ludopatia in maniera veritiera, dipingendo un ragazzo alle prese con qualcosa di più grande di lui e il suo tentativo di reagire, anche aiutato da chi gli sta attorno. Ma il percorso che Fagioli ha fatto – e che starà continuando a fare – fatica a emergere in così poche scene. Così come le domande più profonde: cosa può aver portato un giovane calciatore a rischiare così tanto di sé? Che vuoto può esserci nella vita di chi pensiamo abbia tutto per essere sereno e felice, mentre lui stesso dice che non è così? Anche per questo la domanda sulla sua opportunità resta, specie vedendo come è evoluta la stagione di Fagioli in bianconero. Il feeling mancato con Thiago Motta, le apparizioni rare tra autunno e Natale, poi la cessione in prestito alla Fiorentina – dove in poche gare è venuto fuori un altro giocatore. Fa un certo effetto sentire oggi le parole di Giuntoli, che nel documentario certifica la fiducia del club torinese al ragazzo. Il sentore di essere di fronte ad un contenuto ormai superato e anche un po’ parziale è forte, perché un tema tanto complesso e umano chiede un altro tempo, più riflessione e sopratutto un certo distacco.