Pur di non minacciare Putin, Trump preferisce lasciar perdere

Gli Stati Uniti dicono di non poter perdere troppo tempo a negoziare la pace in Ucraina e sono pronti a desistere e “concentrarsi su altro”. Sul tavolo hanno messo un piano che è una fotografia dello stallo e sembra cucito sulle richieste di Mosca

Il 30 aprile saranno trascorsi cento giorni dall’inizio dell’Amministrazione Trump. In campagna elettorale il presidente americano aveva promesso che avrebbe fatto finire la guerra in Ucraina in ventiquattro ore. Dopo che le prime ventiquattro ore di mandato erano trascorse il capo della Casa Bianca e il suo inviato speciale in Ucraina Keith Kellogg hanno iniziato a suggerire un altro traguardo: cento giorni. Mancano undici giorni al traguardo e il segretario di Stato Marco Rubio ha detto: “Non continueremo questa impresa per settimane e mesi di fila”, gli Stati Uniti hanno altre priorità su cui concentrarsi. La scorsa settimana il Wall Street Journal aveva pubblicato un articolo molto dettagliato sulle fazioni che si scontrano nell’Amministrazione Trump riguardo alla politica estera.


Rubio è rappresentante di quella fazione che non concorda con l’idea, espressa da Steve Witkoff, l’uomo d’affari che il presidente americano manda a risolvere la crisi internazionali, che basterà fare concessioni a Mosca per far finire il conflitto. Finora Trump sembra aver sposato la fazione di Witkoff più che quella di Rubio, lo dimostrano le parole spese per Volodymyr Zelensky (Zelensky viene sempre chiamato solo per cognome, senza qualifiche) che manifestano mancanza di stima e fastidio, molto diverse da quelle usate per Putin (chiamato sempre “presidente Putin”), trattato alla pari. Il messaggio di Rubio è riferito a Mosca, che continua a trascinare il negoziato e respinge le proposte americane. Il segretario di Stato ha parlato con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, che al telefono ha ribadito l’impegno totale della Russia per trovare una soluzione. Dopo la telefonata c’è stato un forte attacco russo contro Kharkiv, poi il portavoce del Cremlino è intervenuto per dire che la situazione è “complicata” ed è difficile raggiungere una soluzione in settimane, ma ha rivendicato la conclusione di alcuni accordi come il cessate il fuoco sulle infrastrutture energetiche. Poco dopo l’annuncio di Rubio, il Cremlino ha dichiarato finito anche il cessate il fuoco sulle infrastrutture strategiche.


Giovedì Rubio era a Parigi, ha incontrato, assieme a Witkoff, il presidente francese Emmanuel Macron e i ministri degli Esteri e della Difesa dell’Ucraina assieme al capo di gabinetto di Zelensky, Andrii Yermak. Durante la visita, gli americani avrebbero mostrato a Macron un piano di pace, che dimostra la vittoria della fazione Witkoff sulla fazione Rubio, in cui i territori occupati da Mosca resterebbero a Mosca. In un secondo momento, se la Russia rispetta la tregua, gli europei e gli americani dovrebbero iniziare ad allentare le sanzioni. In questo disegno viene esclusa la possibilità per l’Ucraina di entrare nell’Alleanza atlantica. Gli Stati Uniti hanno fretta: non vogliono più occuparsi della guerra in Ucraina e Trump non vuole perdere la sua scommessa dei cento giorni. E’ stata l’agenzia Bloomberg a dare la notizia del piano americano che di fatto congela la situazione sul campo di battaglia e non fornisce ulteriori elementi su quali garanzie di sicurezza fornire all’Ucraina per evitare una terza invasione nei prossimi anni.


Finora gli Stati Uniti hanno ascoltato soltanto le richieste russe, eppure fino a questo momento la parte più problematica della mediazione è stata proprio la Russia. Witkoff e Trump hanno continuato comunque a seguire il loro istinto negoziale che suggeriva di accontentare Putin e sebbene il presidente russo sia stato abile a non perdere il favore del presidente americano, ha chiuso una porta in faccia dietro l’altra alle richieste di Washington. Ieri Trump ha detto che “se Kyiv e Mosca non si comportano bene” allora gli Stati Uniti smetteranno di perdere tempo dietro al conflitto. Il piano che gli americani avrebbero presentato agli europei è ancora una volta generoso con il Cremlino, eppure Mosca ha più volte detto che il territorio conquistato non basta, vuole tutte e quattro le regioni lungo cui passa la linea del fronte (Donetsk, Luhansk, Zaporizhhia e Kherson) e la Crimea occupata.


Rubio e Trump non hanno minacciato Putin di eventuali ritorsioni, nuove sanzioni, o un maggiore sostegno a Kyiv nel caso in cui non ci sia un serio impegno per la pace. Gli americani hanno detto che si sono stancati, addossando ancora una volta le responsabilità tanto agli ucraini-aggrediti quanto ai russi-aggressori, e quindi si concentreranno su altro. Mosca ha solo da guadagnare da un allontanamento americano e ancora una volta la tecnica dell’allungare i negoziati avrebbe funzionato. Il capo della Casa Bianca in conferenza stampa con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha detto di non essere un “grande fan” di Zelensky. Finora però l’unico accordo che è riuscito a concludere è stato proprio con Kyiv, riguarda i minerali dell’Ucraina e verrà firmato la prossima settimana.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull’Unione europea, scritto su carta e “a voce”. E’ autrice del podcast “Diventare Zelensky”. In libreria con “La cortina di vetro” (Mondadori)

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