“Il modo migliore per contrastare la disinformazione, se questo è ciò che la gente pensa sia in circolazione, è la libertà di parola”, dice il segretario di stato. La guerra alle fake news è quasi persa
E’ stato lo stesso segretario di stato Marco Rubio, ieri, a spiegare il perché della decisione di chiudere l’unico ufficio del dipartimento di stato americano che si occupava di contrasto alla disinformazione. L’ha fatto in una conversazione – pubblicata anche sul sito del dipartimento – con Mike Benz, personaggio controverso, fedele trumpiano e direttore della Foundation For Freedom Online che secondo i media americani ha portato avanti, in larga parte attraverso la sua fondazione, la campagna mediatica contro UsAid di Elon Musk. Marco Rubio ha detto a Benz, in pieno stile trumpiano, che “il modo migliore per contrastare la disinformazione – se questo è ciò che la gente pensa sia in circolazione – è la libertà di parola”. Ieri i funzionari dell’Amministrazione americana non politici erano in agitazione, perché il Counter Foreign Information Manipulation and Interference Hub (abbreviato con l’acronimo R/FIMI), chiuso alla maniera della Casa Bianca, cioè con una email inviata ai dipendenti da un giorno all’altro, era un piccolo ma cruciale ufficio distaccato da quello dell’Antiterrorismo, che per anni ha monitorato la disinformazione online e offline da parte di attori come Russia, Cina e Iran, creando modelli super tecnologici per riconoscere, per esempio, deepfake e immagini manipolate.
Nonostante il piccolo budget e uno staff di una quarantina di persone, aveva un ruolo fondamentale anche nel condividere le informazioni con gli alleati. Un anno fa il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva firmato un accordo con l’allora segretario di stato Antony Blinken per rafforzare la cooperazione fra la Farnesina e l’R/FIMI, che adesso, ovviamente, è carta straccia. E’ una vittoria per il movimento Maga, che per anni si è sentito minacciata dall’operato dell’ufficio anti disinformazione e ha accusato più volte i suoi dipendenti di portare avanti “l’agenda liberal”, ma è una vittoria pure per i campioni della guerra ibrida come Russia e Cina, che avranno meno difficoltà a diffondere le loro fake news e a manipolare il flusso delle informazioni internazionali.