Possamai (Pd): “Aprire a Zaia il campo largo? Mai dire mai”. Parla il sindaco di Vicenza

La possibile alleanza larga in Veneto per sfidare la destra, senza escludere un dialogo con gli zaiani. Il centrosinistra, unito, potrebbe giocarsi una partita finora ritenuta impossibile

Altro che dilettanti allo sbaraglio. “Per la prima volta da tempo immemore, il centrosinistra in Veneto potrebbe presentarsi con una coalizione davvero larga. E contendere la regione alla destra”. Sembrano parole lunari, a vedere l’andazzo nel nordest: Pd non pervenuto, M5s mai esistito, civismo incapace di fare sintesi su larga scala. Siccome però a pronunciarle è Giacomo Possamai – che in quota dem ha saputo vincere, diventando sindaco di Vicenza a 33 anni – vanno prese con particolare attenzione. “Non vedo alcun caos. Se riusciamo a tenere il fronte unito, partiamo dal 35-40 per cento”. Il doppio dell’ultima volta. “Se poi Lega e Fratelli d’Italia continueranno a commettere degli errori, dovremo essere bravi ad approfittarne”. Magari coinvolgendo gli zaiani scontenti, che in fatto di diritti civili e non solo sono ormai più progressisti di certi progressisti? “Ci saranno anche più anime all’interno di un partito, ma fintanto che fanno capo a Salvini qualunque avvicendamento locale resta improbabile. Noi non chiudiamo le porte in faccia a nessuno: se si può ragionare, si ragiona. Resta un’ipotesi accademica, ecco”.



Non è meno plausibile di una vittoria del Pd in Veneto, però. Dunque proseguiamo su questi binari: come dice Possamai, “a novembre manca ancora tanto”. E altrettanto può ancora succedere. “Nelle ultime settimane ho visto quasi tutte le nostre forze politiche definire il programma e parlare ai cittadini con chiarezza. Non mi farei prendere dalla fretta: è giusto partire dalla coalizione e dai contenuti. Il nome verrà scelto più avanti, nelle prossime settimane”. Eppure già il mese scorso Arturo Lorenzoni, sfidante di Zaia nel 2020 e oggi speaker dell’opposizione, aveva lanciato l’allarme: manca entusiasmo, il centrosinistra perde tempo, urge un candidato. E questa è una bella patata bollente. Perché non lo vuole fare nessuno. A partire da Antonella Viola, immunologa pugliese coinvolta ancora non si sa da chi – e il suo rifiuto, per i dem, forse è una buona notizia. Ma sono i sindaci in primis, le carte migliori del campo largo, a guardarsi bene dal proporsi: Giordani a Padova, Tommasi a Verona. Possamai a Vicenza. “La mia candidatura? Sarebbe bizzarro e irrispettoso nei confronti di chi mi ha votato: sono stato eletto due anni fa, dimettendomi da capogruppo in regione. Tra l’altro fare il sindaco è un’esperienza meravigliosa”.



Ma infatti. Ha ragione, lui come tutti gli altri: ma chi glielo fa fare, di andare a schiantarsi contro la macchina di consenso che lascerà in eredità Zaia? “Invece sarà una sfida molto interessante”, Possamai si dissocia – e non potrebbe essere altrimenti. “Sono disponibile a dare una mano, possiamo fare un buon risultato. E comunque nelle ultime tre tornate in Veneto siamo passati dal 29, al 22, al 17 per cento: chi si presenta avrà una grande opportunità di rilancio, sulla scorta dei traguardi ottenuti nelle città”. La regione però è un’altra cosa. “Le partite difficili, anche nello sport, si vincono quando l’avversario sbaglia. E il nostro sta sbagliando parecchio”. Ecco: questo è un tema. Anche nei tre capoluoghi di provincia, tra bisticci vari, Carroccio e FdI si erano generosamente suicidate. Perseverare, possibile? “Il contesto è ideale: da un lato per la Liga il Veneto è un pezzo d’identità irrinunciabile, dall’altra i meloniani hanno un consenso due-tre volte superiore. La battaglia nel centrodestra è comprensibilmente infuocata. La sentenza della settimana scorsa ha finalmente sgombrato il campo sull’ipotesi della ricandidatura di Zaia, subito dopo due consiglieri leghisti hanno cambiato casacca. Questo psicodramma va cavalcato”.



E dietro le quinte infatti non sono un mistero le chiacchierate fra zaiani, civici e pezzi di centrosinistra. Possamai sostiene che “la competizione è tutta interna alla destra, noi non c’entriamo”. Ma qualunque altra affermazione oggi sarebbe un autogol: meglio fare gli opossum, fingersi inermi. “Tra l’altro faccio il sindaco, sono altri a tenere le relazioni in regione anche con il partito a Roma”. Elly batte un colpo? “Ho avuto occasione di parlare con Schlein qualche settimana fa: il Pd osserva il Veneto con interesse, le sensazioni sono positive e i risvolti di un ribaltone sarebbero straordinari. La strada è in salita, ma se giochiamo la partita perfetta possiamo dire la nostra”. Candidato permettendo. “Ci serve qualcuno in grado di motivare l’elettorato bianco: altro che monopolio, il 40 per cento da queste parti non vota”. E il resto vota Zaia. Riparlarne davanti a un prosecco?

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