Un pensiero al Papa, per il giovedì santo

Oggi la visita a Regina Coeli. Pochi hanno augurato al Papa, quando era ricoverato, di cavarsela con la stessa sincerità e lo stesso disinteresse dei detenuti e delle detenute. Del resto il giubileo è fatto per annunciare una liberazione

Benché sia a Odessa, e nel giovedì santo che qui è specialmente il giorno delle pulizie, di case cose e pensieri, e delle lanterne, non potrei mancare di dedicare la piccola posta al papa Francesco. Mentre scrivo, leggo del suo proposito di andare a incontrare i carcerati a Regina Coeli, come ha fatto tante volte. Non so se ce la farà, o se dovrà rinunciare, ma l’intenzione basta e avanza. E non ci sarà bisogno della lavanda dei piedi, basterà ricordarla.



Lo scorso 26 dicembre, Santo Stefano, Francesco aveva aperto a Rebibbia la “seconda Porta Santa del Giubileo”. Era la prima volta. Disse che il carcere, dopo San Pietro, era la seconda basilica, prima delle tre altre basiliche maggiori romane. Disse che “i detenuti sono persone buone; quando vengo qui la prima domanda che mi faccio è perché loro e non io”. Disse: “E’ un gesto molto importante per me, dobbiamo pensare che tanti di questi non sono i pezzi grossi, quelli grossi hanno l’astuzia di rimanere fuori”. (Ora mi viene un dubbio: erano i pezzi grossi o i pesci grossi? Ma fa lo stesso). Pochi hanno augurato al papa, ricoverato e spiato, di cavarsela, con la sincerità e la franchezza dei detenuti e delle detenute – il disinteresse, anche, quello che si prova per un amico importante – e del resto il giubileo è fatto per annunciare una liberazione. Anche un piccolo anticipo, qui sulla terra.

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