A tre settimane dal suo rientro ufficiale, le neo-masse tennistiche alzano le aspettative e lo attendono ancora più forte di prima. Per sbaragliare tutti, dentro e fuori dal campo di gioco
Jannik Sinner riprende ad allenarsi su campi da gioco federali. Tra tre settimane sarà in campo a Roma. Come andrà il ritorno dopo tre mesi di sospensione dipenderà anche da quello che è successo finora e dai condizionamenti della psicologia collettiva. Partiamo dalla classifica, che ha registrato un accorciamento da vuoto di potere. In uno sport molto mentale come il tennis, si è materializzata la sindrome dell’avversario mancante. In un intelligente libro (i bei libri sul tennis sono pochissimi), “On Being John McEnroe” di Tim Adams, il protagonista spiega che il suo tennis aveva subito un’involuzione dopo il ritiro di Borg. Senza Borg, Mc non era lo stesso. Non aveva la spinta competitiva al miglioramento. In questi mesi è accaduto ai due principali avversari di JS. Dopo le lacrime di Melbourne – “Non sono abbastanza forte” – Sascha Zverev si è sciolto. Carlos Alcaraz è andato meglio. Ma non hanno approfittato dell’assenza. Non sono riusciti a scalzarlo dalla testa della classifica.
Su diciassette tornei giocati senza Sinner, ci sono stati sedici diversi vincitori. Solo Alcaraz ha vinto due volte. A Rotterdam e a Montecarlo. Il resto è stato un pullulare di cappellini messi all’indietro – che andrebbero vietati, ma è un altro discorso – e di giovani nelle due seconde decine del ranking che premono per portarsi più avanti. Il risultato è una classifica live accorciata. I nati negli anni Zero, pronti a scalzare la mezza generazione precedente. Non solo Jakub Mensik e Jack Draper, ma anche Lorenzo Musetti (da lunedì provvisoriamente numero dieci virtuale per il meccanismo dei punti scartati), Arthur Fils, Ben Shelton. Tra l’undicesimo e il ventesimo posto, ben sette sono stati top ten e hanno il potenziale per esserlo ancora.
La race, la classifica basata solo sui risultati annuali, senza relazione con i punti da difendere guadagnati nell’anno precedente e che determina i primi otto in vista delle Finals di novembre, è molto concentrata e potrebbero esserci sorprese a fine anno. Non è azzardato prevedere una bagarre per quattro degli otto posti disponibili.
Questo vuoto di potere ha attribuito a Sinner una specie di aura di invincibilità. E ha alzato molto le aspettative sul suo rientro in campo. Il tennis non deve essere trattato come una metafora (guai: è la regola aurea del più bravo scrittore di tennis in attività, Matteo Codignola), ma può essere un buon romanzo, un’avvincente serie da pay-tv, o – in un’interpretazione più minimalista – un reality di grande soddisfazione. Lo sviluppo narrativo del presente capitolo del romanzo sinneriano è questo: il pubblico dei fan si aspetta il ritorno dell’uomo ingiustamente punito, e che questo ritorno sia un po’ alla Montecristo. Jannik sarà ancora più forte, non porterà più le cavigliere, forse sarà più muscoloso – così dice il suo preparatore atletico Marco Panichi – ha sfruttato al massimo lo stop per riflettere e ristrutturarsi. E adesso si vendicherà. Tornerà e li sbaraglierà tutti. I due competitor diretti, l’incostante Alcaraz, per quanto sia il più talentuoso del seeding da quando si è ritirato Roger Federer; e il fragile Zverev. E poi Nole Djokovic, il quale parla male di lui e non gli ha mai perdonato i tre match-point annullati in una semifinale di Coppa Davis, fatto che segnò il primo cedimento psicologico del serbo; il povero Nick Kyrgios, che lo invidia per ragioni sportive ma anche sentimentali, l’affaire Kalinskaja. Giacché Jannik gli fu preferito da Anna, la sottile bellezza psicanalitica, esteticamente contrapposta in una slava antitesi alla forza rurale di Aryna Sabalenka (noi ammiratori di Aryna la immaginiamo affacciarsi all’uscio di un’izba, la testa avvolta da un fazzoletto nel film verista di un cineasta bielorusso; Anna è invece costitutivamente metropolitana).
In una proiezione fuori dal campo di gioco, Jannik sconfiggerà anche Federica Pellegrini. In un sussulto di narcisismo da star a riposo, FP si è incamminata in una goffa recriminazione anti Sinner su un presunto trattamento preferenziale nel procedimento per doping. E i sinneriani confidano in un rimprovero da parte del saggio capo uscente dello sport italiano e già lord protettore di Pellegrini, Giovanni Malagò, che induca la ragazza a una maggiore prudenza e lealtà mediatica.
Questo accumulo di aspettative e sentimenti comporta una specie di inversione dell’onere della prova sportiva. Ancora una volta tutta la pressione sarà sulle spalle del ragazzo coi capelli rossi. Le persone ragionevoli sanno che uno stop di tre mesi è pesante e avrà comunque delle conseguenze. Ma per le emotive neo-masse tennistiche non è sufficiente il ritorno, il grande movimento del tifo popolare vuole la resa dei conti. La sconfitta dei nemici e Jannik che fa uno di quei suoi fantastici discorsi. “Non mi interessano le critiche di chi non prenderei in considerazione per un consiglio”. Del resto giocare sotto pressione – ha spiegato più volte – è in sé un privilegio.