Boom cattolico in Gran Bretagna: superati gli anglicani

A risentire di un calo di aderenti siano quelle confessioni religiose che più teorizzano e applicano riforme ispirate alle sensibilità à la page, alle richieste mondane che sovente trasformano la Chiesa in burocrazie non troppo dissimili da qualche organizzazione non governativa

Manca poco e i cattolici supereranno gli anglicani in Regno Unito. E’ stato il Times, nei giorni scorsi, a dare la notizia, parlando di evento epocale visto che sarebbe la prima volta dalla Riforma di Enrico VIII del 1527. Da allora, mai i cattolici erano riusciti a intaccare il primato anglicano, benché il censimento del 2021 segnalasse che i cattolici avevano già superato gli anglicani in Irlanda del nord. E’ una “rinascita silenziosa” favorita in particolare dalle fasce più giovani della popolazione, la Generazione Z e i Millennial: una sorta di evangelizzazione per comunità e gruppi di ragazzi che progressivamente ha portato i cattolici a diventare sempre più numerosi.

“La Chiesa è in un entusiasmante periodo di crescita e cambiamento”, ha detto Rhiannon McAleer, responsabile della ricerca effettuata dalla Bible Society. Il contesto è quello di una secolarizzazione affermatasi con forza, tant’è che nel 2021 i britannici che si definivano cristiani erano solo il 46,2 per cento della popolazione. Mai così pochi. In aumento costante, invece, gli atei e gli agnostici o – come sempre più frequentemente rilevano gli studi in occidente – quanti si dicono disinteressati al fenomeno religioso. Eppure, questa minoranza che, citando Ratzinger, a ragione può definirsi “creativa”, si rafforza anno dopo anno, con un aumento sensibile di partecipazione ai sacramenti e alle liturgie: il dodici per cento degli intervistati ha detto di frequentare la chiesa almeno una volta al mese. Sette anni fa, lo faceva solo l’otto per cento. E non è solo grazie all’apporto degli immigrati: in Gran Bretagna l’immigrazione cattolica è un dato residuale rispetto a persone di altra confessione religiosa, in particolare l’islam. L’aumento maggiore – si legge – è tra quanti hanno meno di venticinque anni.

Lo studio della Bible Society mostra un altro dato d’interesse: se fino a qualche tempo fa chi si dichiarava “cristiano” lo faceva perché si sentiva solo culturalmente tale (per influenza familiare o per l’appartenenza a un certo mondo imperniato su valori occidentali derivanti dalla comune matrice giudaico-cristiana) e in chiesa non ci metteva mai piede, oggi chi si definisce cristiano è per lo più un praticante. Cristiani convinti, insomma. Nel 2018, il Pew Research Center stimò che il 41 per cento di quanti frequentavano le chiese almeno una volta al mese era anglicano, mentre il 23 per cento era cattolico e il quattro per cento pentecostale. Nel 2024, gli anglicani scendevano al 34 per cento, i cattolici arrivavano al 31 per cento e i pentecostali al dieci. La partecipazione alla messa, secondo quanto riporta il Times, è in aumento: i frequentanti sono 555 mila rispetto ai 390 mila del 2021 (comunque in calo rispetto all’epoca pre pandemica).

E’ significativo che, ancora una volta, a risentire di un calo di aderenti siano quelle confessioni religiose che più teorizzano e applicano riforme ispirate alle sensibilità à la page, alle richieste mondane che sovente trasformano la Chiesa in burocrazie non troppo dissimili da qualche organizzazione non governativa. Le Chiese accusate invece di essere “indietriste” o troppo lente nell’adeguarsi allo spirito del tempo, vedono entrare sempre più gente – in particolare giovani – attraverso le loro porte. Il caso inglese non è isolato: accade in Scandinavia, ad esempio, dove il cattolicesimo cresce, pur con numeri complessivi ridotti. In Germania, invece, dove da anni si discute di celibato sacerdotale da rendere facoltativo, di diaconesse da portare sugli altari, di laicato con poteri decisionali, si ordinano ventinove preti in un anno (meno di uno per diocesi) e si fanno i conti con quanti chiedono la disiscrizione dalla Chiesa. Dal nord d’Europa, quello travolto da decenni di secolarizzazione, forse s’intravedono i prodromi di un’inversione di rotta, che non sarà drastica, ma almeno è qualcosa.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.

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