Doveva ritirarsi, ha ritrattato. La nuotatrice azzurra domenica 13 sarà al via dei Campionati italiani assoluti di nuoto a Riccione qualificanti per i Mondiali di Singapore a fine luglio
L’avevamo lasciata lo scorso dicembre a Budapest sul gradino più alto del podio mondiale per la prima volta in carriera e con un nuovo record italiano strappato a chi ormai pareva aver trasformato il futuro in presente. “Sono venuta qui”, diceva, “sapendo che al novantanove per cento sarebbe stata la mia ultima gara internazionale”. E invece Silvia Di Pietro, che il 6 aprile ha compiuto 32 anni e domenica 13 sarà al via dei Campionati italiani assoluti di nuoto a Riccione qualificanti per i Mondiali di Singapore a fine luglio, ritratta la sua versione. “Quando ho rilasciato quell’intervista ci credevo veramente”, racconta al Foglio, “credevo davvero che ad aprile avrei fatto la mia ultima gara agli Assoluti. Sarebbe stata un po’ la chiusura del cerchio, nel 2006 avevo esordito agli Assoluti proprio a Riccione. Adesso forse mi sono fatta ingolosire un po’…”. Il mantra è “navigo a vista”, ma intanto “penso di finire comunque la stagione, e chissà che non arrivi anche agli Europei in vasca corta dell’anno prossimo. Tanto dipende tutto dal cronometro. Qualche ambizione, però, c’è ancora”.
Campionessa del mondo in vasca corta della staffetta 4×50 mista a stile libero insieme a Sara Curtis, Leonardo Deplano, Alessandro Miressi e Lorenzo Zazzeri (schierato in batteria). Finalista nei 50 stile libero (sesta) con una semifinale nuotata in 23’’68, nove centesimi in meno rispetto al tempo realizzato proprio dalla diciottenne prodigio Sara Curtis a novembre. “Le soddisfazioni che ho provato a Budapest credo di non averle vissute neanche nei momenti in cui ero all’apice della mia forma fisica. Soddisfazioni grandi. Oggi il mio corpo mi dice: guarda che più veloce di così non sei mai andata, eh. Per arrivare fin qui ho fatto dei cambiamenti in allenamento, il mio allenatore Mirko Nozzolillo mi ha proposto un percorso che potesse aiutarmi a tirar fuori il meglio di me anche in questa fase. E così è successo”.
Meno quantità e più qualità. Abbandonare il concetto di “nuoto nuotato” e del maggior cronometraggio possibile, in acqua sempre e comunque. Secondo un altro slogan: allenare la gara. “È facile allenare”, spiega Francesco Maria Confalonieri, medico specializzato in Medicina dello Sport, “ma è difficile allenare la gara. Però è anche molto più importante”. Confalonieri (insieme all’ex dorsista Francesca Salvalajo e ad Alessio Cosmi, ingegnere) è l’ideatore del progetto P.A.C.E. (Performance Advanced Coaching Evolution), a cui Silvia Di Pietro ha aderito la scorsa estate dopo l’ennesima stagione “un po’ tribolata”, le Olimpiadi seguite dal divano. Il programma parte dall’individuazione dei fattori che delimitano la prestazione nel nuoto e, attraverso la ripetizione di alcuni test mirati e l’utilizzo delle più recenti tecnologie di videoanalisi, mira a raggiungere la maggior efficienza biomeccanica per ogni atleta. “È anche un modo per differenziare l’allenamento da persona a persona”, continua Confalonieri, “perché altrimenti o si sbaglia un po’ con tutti o si sbaglia del tutto con qualcuno. Ed entrambe le ipotesi non sono funzionali nell’ottica della gara”.
Tutto questo per Silvia Di Pietro si è tradotto in “una nuova linfa vitale”. Ha abbandonato i 100 stile libero, “una decisione che forse mi pento di non aver preso prima”, e ora prepara soltanto i 50, la velocità pura, “faccio proprio degli allenamenti specifici, sto in acqua solo un’ora al giorno e lavoro molto sulla forza in palestra”. Si è resa conto che la “saturazione” nella ripetizione di alcuni esercizi le stava facendo perdere l’entusiasmo, così invece è tornata a godersi il bello dello sport, “che poi non è necessariamente la qualificazione ai Mondiali, ma è il cercare di migliorarsi sempre di più, fosse anche un solo centesimo di secondo alla volta. Quindi per Singapore… vediamo”. E in futuro? “Sicuramente non farò l’allenatrice, questo è certo”. Meglio evitare di ripetere situazioni e routine che ha vissuto dall’altra parte per una vita intera. “Ma sto cercando di finire il percorso di studi in Psicologia”, conclude, “e mi piacerebbe insegnare ai più piccoli, tenere qualche corso per migliorare la tecnica dei ragazzi. In un modo o nell’altro, insomma, resterò nell’ambiente”.