Ecco perchè Friederich Merz è in trappola

Dal debito per la protezione del clima all’immigrazione, fino al mancato accordo sul tema dei trasporti. In Germania Spd e Verdi rallentano sul programma e per la Cdu c’è un prezzo da pagare, e il tempo stringe

Berlino. In tedesco il diavolo (der Teufel) fa lo stesso che in italiano: si nasconde nei dettagli (steckt im Detail). Per cui è stato più facile mettere d’accordo tre partiti (cristiano democratici, socialdemocratici e Verdi) per approvare in quattro e quattr’otto un mega-debito da mille miliardi convocando un Parlamento “vecchio” alla vigilia dell’insediamento di quello nuovo che trovare un punto di caduta fra due partiti (Cdu e Spd) sul programma di governo. Con il rischio che l’esecutivo che la Germania si aspetta dal cancelliere in pectore Friederich Merz arrivi ai blocchi di partenza con il fiato già corto. Il governo partirà entro Pasqua, aveva promesso il presidente della Cdu uscito dalle elezioni dello scorso 23 febbraio con un non esaltante 28,5 per cento dei voti. Numeri che lo obbligano a una coalizione con una Spd diventata, con il 16,4 per cento dei voti, l’ombra del Volkspartei che è stata dal Dopoguerra al 2005 – quell’anno il cancelliere uscente e ricandidato Gerhard Schröder perse per un’incollatura aprendo la strada all’èra merkeliana.

Uscita tramortita dal voto del 23 febbraio con oltre un terzo dei voti consegnati alle “estreme” (AfD e i due partiti di sinistra dura e pure die Linke e Bsw), la Germania si aspettava una formazione di governo più rapida. Gli sherpa di Merz e quelli del leader socialdemocratico Lars Klingbeil – 256 negoziatori divisi in 16 gruppi di lavoro – non hanno ancora trovato un accordo, il governo non prende forma e presso i tedeschi si fa strada l’idea che il sessantanovenne Merz, per 20 anni lontano dalla politica attiva, si sia fatto fregare dai più scaltri socialdemocratici. Perché se sui 500 miliardi per la Bundeswehr erano d’accordo più o meno tutti, gli altri 500 stanziati per le infrastrutture e – peggio ancora – per la protezione del clima hanno molto infastidito l’ala destra della Cdu, paradossalmente quella da cui arriva lo stesso Merz. Ai conservatori della balena bianca tedesca è apparso chiaro come il loro leader, che in campagna elettorale aveva escluso di fare più debito, sia caduto mani e piedi in una trappola rosso-verde. Non contenti di aver strappato 500 miliardi, i socialdemocratici ora respingono parti del programma di Merz.

Sull’immigrazione, per esempio, a fronte di un comune accordo per “adottare tutte le misure dello stato di diritto al fine di ridurre la migrazione irregolare”, la Spd dice di no alla proposta Cdu di togliere la cittadinanza tedesca a terroristi, estremisti e antisemiti; no alla reintroduzione della leva obbligatoria: per rimpolpare le file esauste della Bundesweher la Spd crede più utile rendere più sexy ossia meglio remunerato il lavoro di militare come professione; non c’è accordo poi in tema di trasporti con le parti divise sui tempi di uscita dai motori a combustione, sugli incentivi per le auto elettriche – aiuto all’acquisto o solo sgravio fiscale? – e i limiti di velocità in autostrada; no socialdemocratico, infine, anche all’idea dei moderati di abrogare la legge sull’autodeterminazione del genere sessuale approvata dalla maggioranza semaforo (rossa, verde e gialla per i Liberali) del cancellerie uscente Olaf Scholz.

In molti, non tutti, i casi si tratta, appunto, di dettagli ma la Spd, incassati gli investimenti nelle infrastrutture e toccato il fondo del barile elettorale, non ha fretta di chiudere la partita. Al contrario, il tempo gioca a sfavore di Merz che ha urgente bisogno di presentare il suo programma al Bundestag per diventare cancelliere. A mettergli fretta non è solo il malcontento della destra dei moderati. Secondo un sondaggio Forsa diffuso l’Unione Cdu-Csu per la quale Merz ha corso come candidato cancelliere a fine febbraio è scivolato al 25 per cento nel paese, tallonata dai sovranisti dell’AfD in crescita dal 20,1 al 24 per cento.

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