Un libro che si legge come un film. Christophe Granger analizza novecento secondi in cui dietro a ogni saltello, colpo parato o portato, e a ogni sussulto della folla si nascondono ragioni sociali, psicologiche e storiche
Se ne è andato da pochi giorni George Foreman, uno dei più grandi interpreti della storia della boxe, paradossalmente ricordato più per una delle sue pochissime sconfitte, The rumble in the jungle a Kinshasa contro Muhammad Ali, che per i titoli mondiali, per l’oro olimpico del 1968 o per la sua percentuale del 94 per cento di vittorie in carriera. Rendiamo omaggio alla sua memoria e al letterario mondo della boxe con un libro stupefacente, in libreria da poche settimane: Christophe Granger, Quindici minuti sul ring. Anatomia di una lotta (Einaudi, 2025).
Basterebbe la splendida galleria di immagini a renderne necessaria la lettura e la collocazione del testo fra i saggi più interessanti sull’intreccio fra sport, letteratura, storia, sociologia. Christophe Granger è, infatti, uno storico, sociologo e docente universitario francese cui va il merito di un’idea geniale: quella di concentrarsi su un unico incontro di boxe avvenuto a Montrouge, vicino a Parigi, il 24 settembre 1922 allo Stade Vélodrome Buffalo, di fronte a 40.000 spettatori: George Carpentier vs Battling Siki, pseudonimo di Louis Baye Fall. Un pugile bianco contro uno nero. Carpentier nato a Liévin, nord della Francia; Siki nato a Saint-Louis, in Senegal, uno dei comuni, insieme a Dakar, Gorée e Rufisque, che garantivano la cittadinanza francese. Carpentier soprannominato L’homme à l’orchidée, elegante, che vivrà una lunga vita e diventerà attore e cantante; Siki destinato all’autodistruzione, amante dell’alcol e delle donne, capace di scorrazzare, in smoking e cilindro, per gli Champs-Élysées con un leone al guinzaglio e che morirà tre anni dopo questo combattimento, con due proiettili nella schiena.
L’esito dell’incontro che Granger analizza istante per istante, pare scontato: il bianco che vince sul nero, probabilmente in virtù di un accordo sottobanco. Invece il risultato viene ribaltato da qualcosa di imprevedibile, o forse no? Quindici minuti soltanto, che si trasformano in un prisma in grado di riflettere i mille rivoli in cui il mondo si diluisce negli uomini. Tecnicamente l’incontro finisce al sesto round, quando Siki mette ko Carpentier. L’arbitro in un primo momento squalifica Siki per una scorrettezza, ma di fronte agli ululati della folla i giudici a bordo ring gli restituiscono la vittoria e uno di loro sale con un grande megafono sul ring, per comunicare il risultato. Succederanno molte polemiche, inchieste, interpretazioni dopo questo momento, ma dice Granger: “Questi seguiti non sono più quello che mi interessa. Sul ring del Buffalo l’azione quel giorno è durata quindici minuti; solo quei minuti, e nient’altro, sono al centro di questo libro”.
Lo storico francese tiene fede al suo proposito con un approccio da anatomista, andando a indagare ogni istante che compone quei quindici minuti. La domanda da cui parte è semplice: che cosa fanno quei due pugili, in quei quindici minuti? E la sua tesi è che ciò che i due fanno, quel giorno, al Buffalo è insieme contrastato e determinato da cosa fa l’altro. Un libro che si legge come un film (i cui fotogrammi sono, uno per uno, raccolti nelle pagine del libro e che consiglio di andare a cercare su YouTube) e che entra nel dettaglio di quei novecento secondi su cui si affacciano, naturalmente, un gigantesco prima e un gigantesco dopo. Dietro a ogni saltello, colpo parato o portato, dietro a ogni sussulto della folla si nascondono ragioni sociali, psicologiche e storiche. Insomma, “vedere in piccolo” come dice Granger, per riuscire ad avere uno sguardo sul tutto. Imperdibile.