Dieci capodanni racconta una storia vera. Non nel senso che si ispira a fatti reali ma che ha al cuore del suo racconto la rappresentazione della realtà, nella sua verità a volte scarna, a volte eccitante, a volte dolorosa e brutale. E’ una serie “gioiello”, realizzata – apparentemente – senza alcuno sforzo da Rodrigo Sorogoyen (insieme a Sara Cano e Paula Fabra), disponibile su Raiplay nei suoi dieci episodi da cinquanta minuti ciascuno. Siamo a Madrid e Ana e Oscar si incontrano per la prima volta a una festa di capodanno. Lui è nato il 31 dicembre, lei il primo gennaio. Questo semplice espediente narrativo che fa da schema per il racconto, farà sì che seguiremo lo sviluppo della relazione tra i due nei successivi dieci anni, vedendo in scena le successive dieci giornate dell’ultimo dell’anno.
Ana e Oscar sono due ragazzi qualunque: Ana è desiderosa di sperimentare, aperta alle avventure e in cerca del suo posto nel mondo. Oscar invece è un medico, dalla carriera già più solida, un ragazzo più stabile che tende a innamorarsi di donne che gli sono troppo dissimili (e che per questo lo porteranno a soffrire). I due inizialmente hanno una forte attrazione di natura fisica (il sesso è raccontato in modo esplicito nella serie e il cambiamento nella relazione fisica tra i due con il passare del tempo sarà una cartina di tornasole della loro evoluzione come persone), poi la relazione assume pieghe diverse, si frammenta, cresce con loro. I successivi capodanni saranno la fotografia di altrettanti snodi del loro rapporto: alcuni più densi di avvenimenti e significati, altri più normalizzati e dove sembra non accadere nulla (e forse è davvero così).
Raccontare una relazione lunga dieci anni significa raccontare i pieni ma anche i vuoti e Sorogoyen mette in scena la normalità avendo la capacità di renderla interessante. Questo accade perché lo spettatore, almeno per un attimo (o più di uno) può immedesimarsi in quello che vede. Qualcuno si vedrà più riflesso in Ana, qualcun altro più in Oscar, qualcuno capirà nel profondo le sensazioni o le scelte dell’uno o dell’altro, qualcuno rivedrà in un’espressione dei due la persona amata, riconoscerà una fisionomia, un luogo, una lingua che per un attimo lo hanno abitato. È una serie minuziosa e profonda, che si prende il suo tempo per svelare le pieghe di una relazione poco a poco. Riesce a raccontare quello che mette in scena ma anche molto di quello che rimane fuori. È una storia che, come nei buoni libri, si deposita pian piano nello spettatore. E diventa un luogo in cui si vuole, inevitabilmente, tornare.
Qual è il tono della serie in tre battute?
“Il patto più importante è non andare a letto arrabbiati”
“Ricordati di me come io ti ricordo ora e sento la mancanza di noi due”
“Buon anno”
“Tutti noi proviamo a fuggire dalla realtà”