Non ci sono solo le divisioni interne sulla politica estera. Da Bologna alla Sicilia, fino alla Campania e alla Puglia: per la segretaria i problemi non mancano. Tra federazioni locali spaccate e riformisti critici, mentre si apre la fase congressuale in regioni e province
Non c’è solo la politica estera, la mozione sull’Ucraina e il piano ReArm Europe, a dividere i Pd e complicare i piani d Elly Schlein. Anche sui territori, dalla Sicilia alla Campania, fino alla Puglia, i problemi non mancano. E pure a Bologna, che per i dem non è mai una città come le altre, si registrano tensioni, ancor più significative se si considera che è proprio sotto le Torri che la segretaria si è iscritta nuovamente al Pd e che da queste parti orbita una parte dei suoi fedelissimi. E poi Stefano Bonaccini, e molto altro ancora.
Tra pochi giorni si aprirà la stagione dei congressi locali: andrà avanti per tre mesi, da aprile a giugno – ancora oltre per le federazioni provinciali e regionali al voto nel 2015. A Bologna, pochi giorni fa, ad agitare le acque è stata Irene Priolo – oggi assessore a Mobilità, Ambiente e Trasporti nella giunta di Michele De Pascale, ma già presidente dell’Emilia Romagna ad interim dopo l’elezione europea di Bonaccini. Priolo parlava del congresso provinciale bolognese e della ricandidatura di Federica Mazzoni, attuale segretaria sul cui bis punta anche il sindaco Matteo Lepore. Priolo ha espresso forti dubbi descrivendo un Pd diviso: “C’è un partito della città e un partito della città metropolitana. Due anime in questo momento non coese”. E ancora: “L’anima riformista non si sente rappresentata”, ha detto in un altro passaggio Priolo, evocando una frattura sempre più diffusa nei circoli dem e che rischia di acuire frizioni non solo a Roma – dove intanto Schlein medita di fare il congresso nazionale – ma a tutte le latitudini. Tra scontri ormai datati e altri più recenti.
La partita campana per esempio cerca ancora uno sbocco, si attende la Consulta e le mosse del presidente Vincenzo De Luca. Ma intanto il partito resta commissariato, affidato ad Antonio Misiani; così come commissariata è la federazione di Caserta, in questo caso è Susanna Camusso a fare da reggente. Mentre di tanto in tanto tornano a prendersi titoli e prime pagine locali le storie di tessere e iscrizioni sospette. A inizio febbraio il tesoriere del Pd in Campania, Michele Salvati, coinvolto in un’inchiesta legata all’immigrazione, è stato prontamente sospeso. Questioni che finiranno per intrecciarsi inevitabilmente alla corsa per le regionali, con tutto quello che può significare, anche per le alleanze.
Non si andrà a votare a breve, ma anche dalla Sicilia nelle ultime settimane non sono arrivate notizie troppo incoraggianti. Qui la fase congressuale regionale è già partita, ed è partita male, con un Pd spaccato. Quando a fine gennaio il segretario Anthony Barbagallo ha varato le regole per la consultazione, l’assemblea è finita tra insulti e spintoni, come riportavano le cronache locali. La richiesta di primarie e gazebo è stato respinta, con l’avallo romano, e a votare saranno solo i tesserati. “Vergognati”, gridavano i più critici all’indirizzo di Igor Taruffi (vicino a Schlein e responsabile Organizzazione Pd) che era arrivato in Sicilia per l’occasione. Così per celebrare il congresso siciliano al Nazareno hanno deciso di nominare commissario Nico Stumpo, che da qualche giorno ha iniziato effettivamente i lavori per un congresso che riguarderà anche sei province, tra cui Palermo e Catania. In Sicilia inoltre Dario Franceschini ha una certa influenza, eppure raccontano, come abbiamo scritto sul Foglio, che non sia stato nemmeno informato della nomina di Stumpo (tra l’altro esponente di spicco di Articolo 1, con cui lo stesso Franceschini medita di fare un correntone nazionale). Insomma è questo il clima con cui si rinnoveranno le segreterie del Pd siciliano.
Arriviamo così in Puglia, che andrà al voto tra qualche mese. E’ tutto pronto per il dopo Emiliano, per il gran ritorno di Antonio Decaro. E infatti a Bari le diatribe sono di altro segno rispetto a quelle siciliane, riguardano i posizionamenti (e le candidature) in vista delle regionali. Nelle ultime settimane ha fatto discutere la richiesta del consigliere regionale Fabiano Amati di iscriversi (di nuovo) al Pd, per molti un modo di essere ricandidato. Amati era stato eletto proprio con i dem nel 2020, prima di passare ad Azione di cui è diventato referente locale, fino a gestirne la campagna elettorale alle europee. Da ottobre è anche assessore, voluto da Emiliano, nonostante in passato avesse tenuto posizioni anche dure contro i dem. E infatti i vertici locali si sono affrettati a chiudere la porta: “il Pd non è un taxi”. Così a difendere Amati, e la sua iscrizione, è arrivato Alberto Cosacco, senatore brindisino, in quota Franceschini. Secondo molti, non per caso. Forse non è solo una polemica pugliese, ma il termometro di una partita un po’ più ampia.