Le insensate dichiarazioni del vicepremier ci costano un’evitabile reprimenda francese, con l’ambasciatrice d’Italia a Parigi convocata al Quai d’Orsay. Ma la politica internazionale non è una diretta Instagram
Secondo quanto rivelato oggi dal Figaro, giovedì scorso l’ambasciatrice d’Italia a Parigi, Emanuela D’Alessandro, è stata convocata al Quai d’Orsay, il ministero degli Esteri francese, per una protesta formale. Alla diplomatica è stata fatta richiesta di trasmettere una reprimenda di Parigi al vicepremier Matteo Salvini, che qualche giorno fa in un evento a Milano aveva affermato: “Zelensky chiede la pace, Trump lavora per la pace, Putin vuole la pace, mentre a Bruxelles e a Parigi c’è un matto”. E poi che l’Italia non accetterà “mai un esercito europeo comandato da quel matto di Macron che parla di guerra nucleare”.
La convocazione della responsabile della diplomazia da parte di un governo alleato, in seguito a dichiarazioni del vicepremier sul presidente di quel paese, non solo è comprensibile data la gravità delle affermazioni, ma è un’ulteriore dimostrazione dell’inadeguatezza e dell’inaffidabilità di una politico che continua a confondere il proprio ruolo istituzionale, di membro del governo, con quello di un qualsiasi commentatore da social network. In una fase in cui la politica estera italiana richiede responsabilità, equilibrio e pragmatismo, Salvini continua invece a manifestare in tutti i modi non solo il suo sostegno alle bizze di Trump o ai supermissili di Musk, ma ci tiene a mostrare anche un’incomprensibile ostilità nei confronti della Francia. Le parole in libertà pronunciate non solo appaiono prive di un qualsiasi contenuto politico, ma risultano dannose per i rapporti tra due paesi che oggi più che mai dovrebbero collaborare, non alimentare tensioni inutili. C’era sempre Salvini al governo quando nel 2019 l’esecutivo italiano diede sostegno alle proteste dei gilet gialli, e Parigi richiamò il suo ambasciatore a Roma, Christian Masset. Il vicepremier e ministro dei Trasporti dovrebbe ben sapere che quell’epoca di improvvisazione anti sistema è finita, che la situazione oggi è ben più grave e che la politica internazionale non è una diretta Instagram. A pagarne le conseguenze è la credibilità di un paese.