Guai per “Biancaneve” nonostante il nuovo galateo (già vecchio con Trump)

La protagonista del nuovo film di Greta Gerwig è un’attrice latina e invece dei nani ci sono “creature” create al computer, con la rabbia degli attori colpiti da nanismo. Pareva un’impresa inoffensiva e redditizia come tanti remake precedenti, ma la politica si è messa di mezzo

Da tanto Disney fa la progressista. Con risultati non sempre apprezzabili. Il pianto della bambina nera a cui regalano una Barbie nera per amor di correttezza politica, era già in un vecchio film di Cristina Comencini. La bambola era ancora Marvel, non ancora comprata dalla Disney, che intanto ha cominciato a litigare con il governatore della Florida Ron DeSantis. Repubblicano, sta combattendo il parco giochi di Orlando: insegna brutte cose ai bambini (e i terreni su cui è costruito godono di un generoso sconto fiscale).

Qualche anno fa i dipendenti Disney hanno scioperato per l’inclusione. La ditta, prima contraria, ha fatto una giravolta e ha messo in cantiere film rispettosi del nuovo galateo (obbligatorio, prima del contrordine di Donald Trump). Per esempio, una nuova “Biancaneve” in live action, scritta dalla regina di Hollywood Greta Gerwig (solo pochi anni fa, la regina del cinema indipendente).

Pareva un’impresa inoffensiva, come tanti remake precedenti – al massimo poteva capitare che i genitori si annoiassero e i bambini scalpitassero. L’equivalente dei libri a metraggio per arredare le biblioteche, scrive su Première francese Romain Thoral. Un’impresa redditizia, se non si fosse messa di mezzo la politica. Primo inciampo: Halle Berry nel ruolo della Sirenetta. Ariel non era bianca come se l’erano immaginata i genitori, vedendo il precedente film Disney a disegni animati. Però si sentivano a posto con la coscienza.

Il successivo remake sarebbe stato “Biancaneve”, con l’attrice Rachel Zegler – era Maria nel “West Side Story” diretto da Steven Spielberg. Neanche lei con la pelle di Heidi, per dire. Al copione, la star Greta Gerwig, che era stata capace di scrivere e girare un film sulla bambola che tutti dicevano di odiare. Una dichiarazione di contemporaneità, Per la ditta fondata 100 anni fa, proprio “Biancaneve e i sette nani” fu il primo lungometraggio uscito nelle sale.

Nel 2022 le riprese stavano per cominciare, regista Marc Webb. E cominciò la tempesta. L’attore Peter Dinklage – in “Game of Thrones” indossa i broccati rossi di Tyrion Lannister – spiegò a chi finora non se n’era accorto: “Per Biancaneve c’è un’attrice latina. Ma con che coraggio continuate a raccontare questa stronzata di storia su sette nani che vivono in una grotta” (seguono insulti alla storia e parolacce varie, per noi cadute in prescrizione)”.

La destra aveva attaccato per il colore della pelle. Ora toccava alla sinistra, Guardian in testa. Giustificazioni della Disney: “Abbiamo affrontato diversamente l’originale, consultato persone che soffrono di nanismo”. Traduciamo da Première, che al caso Biancaneve dedica un articolo. Ma avremmo dovuto dire “persone diversamente alte”.

Poi sono uscite le prima immagini. Attorno a Biancaneve, si aggirano nella foresta i nani d’ordinanza – durante la lavorazione chiamati “creature”, per non incorrere in altri guai. Tutti diversi tra loro – uomini, donne, grassi e magri, barbuti e glabri – ma si suppone l’intervento del computer. Insorge a questo punto l’associazione degli attori americani colpiti da nanismo. Prende la parola un campione di wrestler, Dylan Postl: “C’erano sette ruoli nel film, per attori che di solito fanno fatica a trovare lavoro. Scomparsi per colpa di Peter Dinklage, che davanti al ruolo in ‘Game of Thrones’, e relativi assegni, non ha certo rifiutato”. Disney non ha commentato. Ci ha pensato Rachel Zegler: “Mi sembra una ragazza d’altri tempi, ne voglio fare una combattente”. Svenimento, scene rigirate, la previsione d’incasso Usa scesa a 70 milioni di dollari nel primo fine settimana. Da noi, uscirà il 20 marzo.

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