Trump sfida i limiti del potere e mette alla prova la Costituzione: 79 ordini esecutivi in due mesi, ma le corti federali pongono dei freni. Rischio crisi istituzionale
In meno di due mesi dall’inizio del suo secondo mandato, il presidente Trump ha già firmato ben 79 ordini esecutivi, un numero elevatissimo: per trovare un precedente, bisogna andare indietro nel tempo fino al 1937, all’inizio del secondo mandato di Roosevelt. Con questi ordini esecutivi e con altri atti, come e più di Roosevelt, Trump sta mettendo a repentaglio la separazione dei poteri con il legislatore e con l’ordine giudiziario.
Fra le molte controversie legali in corso, tre possono dare un’idea della posta in gioco e dei possibili esiti. La prima riguarda l’ordine esecutivo che ha congelato l’erogazione di fondi all’estero. Quando un giudice federale ha ingiunto all’amministrazione di riprendere l’erogazione dei fondi entro un certo termine, il presidente ha proposto appello alla Corte suprema e questa ha protratto il termine di alcuni giorni. In questo caso, infatti, secondo il consolidato orientamento della Corte, il presidente dispone di poteri più ampi. Il secondo caso riguarda l’interruzione dell’applicazione del programma di ammissione dei rifugiati. Poiché esso è stato istituito dal Congresso nel 1980 per offrire rifugio a persone che fuggono da guerre, persecuzioni e disastri naturali, il presidente può sospenderlo, ma il suo potere non è illimitato. Secondo il giudice federale di Seattle, esso non può giungere fino al punto di annullare la volontà manifestata dal Congresso. Nel terzo caso, il potere presidenziale è al suo minimo: è il caso dell’ordine esecutivo che ha imposto ai funzionari pubblici di non riconoscere la cittadinanza americana dei bambini nati negli Usa da stranieri che hanno permessi di soggiorno temporanei. Infatti, una Corte di appello federale ha affermato che l’ordine presidenziale è direttamente in contrasto con la Costituzione. Il presidente può rivolgersi alla Corte suprema, dove dispone di un’ampia maggioranza. Ma la più recente decisione della Corte mostra che essa non intende avallare qualsiasi misura dell’esecutivo. Infatti, il presidente e un altro giudice conservatore si sono schierati con i tre giudici liberal nell’avallare il provvedimento del giudice che ingiungeva all’amministrazione di onorare una serie di contratti stipulati da UsAid, un’agenzia che Trump intende abolire.
Poiché molti suoi ordini sono stati impugnati davanti alle corti, cosa accadrebbe se il presidente si rifiutasse apertamente di dare esecuzione ai provvedimenti giudiziari? Secondo alcuni esperti, se lo facesse, condurrebbe l’intera nazione in un territorio inesplorato e assai pericoloso, violando il sistema di pesi e contrappesi che la Costituzione ha instaurato fra i tre principali poteri dello stato. I collaboratori del presidente ritenuti responsabili potrebbero essere accusati di oltraggio alla corte, in sede civile o penale. Nel primo caso, il giudice può imporre sanzioni pecuniare ai funzionari, anche se poi a pagarle sarebbe l’amministrazione di appartenenza, o ingiungere ad altri funzionari di eseguire i propri provvedimenti. Nel secondo caso, le sanzioni sono più severe e possono giungere fino all’incarcerazione dei responsabili. Dunque, la reazione dei giudici alla mancata esecuzione dei loro provvedimenti colpirebbe soltanto i collaboratori del presidente, senza mettere in discussione la sua responsabilità, esclusa dalla controversa sentenza della Corte suprema relativa all’attacco al Campidoglio nel gennaio del 2021. Inoltre, il presidente potrebbe concedere la grazia ai funzionari colpiti dalle sanzioni penali, proprio come ha fatto con numerose persone coinvolte in quell’attacco alle istituzioni.
Si concretizzerebbe peraltro una violazione senza precedenti della separazione dei poteri, che non è auspicata dai repubblicani più moderati. Essi sanno bene che, fino alle elezioni di mid term, il presidente dispone della maggioranza in entrambi i rami dal Congresso. Tuttavia, se quelle elezioni comportassero un cambiamento nella maggioranza politica, gli oppositori potrebbero deliberare l’impeachment del presidente: uno scenario a dir poco preoccupante.