In Groenlandia vince il pragmatismo

L’isola non è in vendita. Si premia l’approccio economico di Nielsen, leader del Demokraatit Party, che spinge per un cambiamento ragionato. Indipendenza sì, ma non subito, prima bisogna costruire delle solide fondamenta, soprattutto in economia

Il messaggio arrivato dalle elezioni di martedì in Groenlandia è chiaro: l’isola non è in vendita. Con il 29,9 per cento dei voti ha vinto il partito di opposizione di centro-destra, il Demokraatit Party, favorevole all’indipendenza dalla Danimarca, ma con un approccio graduale. Secondo, con il 24,5 per cento dei voti, è arrivato il partito nazionalista Naleraq, favorevole a un’indipendenza più rapida, che pur senza sponsorizzare apertamente l’idea dell’annessione agli Stati Uniti vede con favore l’interesse di Washington come spinta a recidere i legami con Copenaghen. Più che una corsa sfrenata verso l’indipendenza, il risultato elettorale indica la cautela e il pragmatismo della popolazione. La minaccia di annessione dell’isola da parte del presidente americano Donald Trump, assieme alla contesa dell’influenza nell’Artico tra Russia e Cina, hanno riacceso il dibattito interno sulla sicurezza e lo status quo della Groenlandia e portato alla luce l’orgoglio e il senso di autodeterminazione crescente dei popoli indigeni per la loro cultura inuit.

“Le persone vogliono il cambiamento”, ha detto il leader del Demokraatit Party Jens-Frederik Nielsen – l’affluenza è stata molto alta, di oltre il 70 per cento – ma un cambiamento ragionato, non affrettato: “Non vogliamo l’indipendenza domani, vogliamo costruire delle solide fondamenta”, soprattutto in economia. L’attuale economia groenlandese dipende ancora pesantemente dai sussidi danesi (580 milioni di euro all’anno) e dalla pesca, che costituisce il 90 per cento dell’export. Per pensare a una Groenlandia davvero autonoma servono investimenti, sviluppo – Nuuk ha un potenziale di immense risorse minerarie ancora da sfruttare – e Nielsen, che è stato ministro dell’industria e delle risorse minerarie, lo sa bene. Ha già detto di volere l’unità, e quindi di essere aperto ai colloqui con tutti i partiti, a una condizione: che la priorità sia l’economia. Per i democratici il futuro dell’isola non si costruisce con svendite, ma strategie di lungo periodo.

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