Europeismo fiacco e vago, travestito da “momento Ventotene”. Perché la goffa mutazione genetica del duo Pd-Rep. raddoppia gli errori e le ambiguità fatali di ieri
Quando Elly Schlein, la segretaria del Pd eletta da una coalizione esterna al suo partito, con il contributo determinante di una parte della constituency grillina, mise lo sguardo triste di Enrico Berlinguer sulla prima tessera stampata nel corso del suo mandato, forse non ricordava che Berlinguer nel 1976 aveva detto di sentirsi più sicuro e protetto sotto l’ombrello della Nato. Oppure ricordava che nel 1981, qualche anno dopo quella fatale dichiarazione, l’Italia fu teatro, in un concerto pacifista europeo che poi fu schiacciato dalla Realpolitik euroatlantica di Helmut Schmidt, di Francesco Cossiga e di Bettino Craxi, di una ondata di opposizione alla installazione dei missili Pershing II e Cruise nella base di Comiso, in provincia di Ragusa. Una piattaforma protoarcobaleno contro il riequilibrio militare nel teatro europeo, dopo l’installazione sovietica dei missili SS-20, scatenò l’insofferenza impotente della direzione del Pci o di una sua parte ma si impose come carta dei valori e delle retoriche neomonacensi, in epoca di riflusso delle ambizioni riformiste e di governo di quel partito, e di selvaggio anticraxismo. Quella scelta e il referendum sulla scala mobile furono i pilastri della governabilità craxiana e del dominio del pentapartito nel corso di tutti gli anni Ottanta, fino alla sua crisi intorno alla caduta del Muro di Berlino, alla fine del decennio, e alla controffensiva togata che travolse la Repubblica dei partiti e i suoi capi.
Travestito da “momento Ventotene” e da scelta di valori europeisti fiacchi e vaghi, dunque politicamente vuoti, il Pd sotto la regia di Repubblica e di Michele Serra si avvia a una manifestazione contro il riarmo europeo che è in realtà una riedizione del “momento Comiso”. Fanno molti sforzi per escludere contenuti politici solidi, visibili, per colorare di azzurro Berlaymont lo sventolio della piazza che minaccia il nulla sotto l’immagine promettente dell’utopia. La falsa propaganda di grillini e schegge della sinistra radicale imputa loro un inesistente appoggio al piano di Ursula von der Leyen. Vero è l’opposto. La loro Europa in realtà è uno di quei “principati che non si conoscono”, di cui non c’è succo a parlare, citati da Machiavelli nel Principe. Celebrano l’europeismo di Ventotene, un documento del 1941, il testo illustre di una visione dell’Europa che non ha nulla a che fare con le scelte strategiche poste all’Europa com’è dopo tre anni di guerra russa all’Ucraina e dopo un mese di pugnalate alle spalle inferte da Washington, un alleato Nato e occidentale sempre più lontano e riluttante.
Il paradosso di questa goffa mutazione genetica realizzata dall’accoppiata Schlein-Repubblica è che ora la guida del fronte che vuole indebolire o liquidare la Nato e l’atlantismo, una guida trumpiana che cede alla visione espansionista e neoimperialista del sovietismo di Putin, l’ha assunta la Casa Bianca. Se c’è un momento in cui la retorica del “momento Comiso” si sgonfia, con tutti i suoi valori e antenati, è questo. L’imperialismo viene da est, la sicurezza e l’autonomia strategica europea vanno difese, in nome dell’equilibrio, della deterrenza e di una vera pace, cercando una autonomia da Washington anche nei sistemi d’arma e di difesa comune. Il no opposto agli Helmut Schmidt di oggi, gli Starmer, i Merz, i Macron e le von der Leyen, oltre al Partito socialista europeo nella sua grande maggioranza, raddoppia gli errori e le ambiguità fatali di ieri, e conduce a una brillante e azzurrina sconfitta.