Zappacosta e Kolasinac, fondamentali e invisibili

Gian Piero Gasperini ha trovato nel difensore e nell’esterno due giocatori ideali per mettere in pratica in campo la sua idea di calcio

Ci è voluto un gioco di prestigio in una serata di gala per spostare, anche se solo per una volta, i riflettori dai protagonisti tradizionali agli attori generalmente meno in vista. Un tacco sulla riga di fondo, un piattone dal sapore della condanna definitiva: Sead Kolasinac e Davide Zappacosta hanno funzionato da buttafuori, confezonando la rete dello 0-3 che ha convinto il pubblico bianconero a lasciare gli spalti dello Stadium ancor prima del disastro di Dusan Vlahovic che ha lanciato inesorabilmente Lookman verso il poker e Thiago Motta sull’orlo del burrone.

Insieme all’ormai eterno, imprescindibile de Roon, parte dei successi dell’Atalanta gasperiniana risiede nei due terzi della catena di sinistra: il centrale, con un passato da terzino (e si vede), Kolasinac, e l’esterno Zappacosta, una vita a correre sulla fascia destra salvo poi scoprire, grazie a Gasp, che il proprio posto nel mondo stava dalla parte opposta. Spostato a sinistra, con licenza di accentrarsi, l’ex Torino e Chelsea ha sperimentato una libertà mai avuta. Adesso fraseggia, va al tiro con disinvoltura, trova spesso la via della rete. Non gioca una partita in Nazionale dal 2018, da prima che gli saltasse il legamento crociato ai tempi di un prestito alla Roma scivolato via senza alcuna traccia significativa, e chissà se ne giocherà mai un’altra. Nulla nel suo aspetto fa urlare alla stella, eppure è sempre più centrale per il tecnico nerazzurro, l’unico esterno di fascia in grado di avere gol nelle gambe oltre a una conoscenza del gioco ormai fortificata.

Kolasinac, arrivato in Italia dopo qualche abboccamento con altri club negli anni precedenti, forte del soprannome “the Tank”, il carro armato, nomignolo a dire il vero mai amato dal diretto interessato e che dalle parti di Bergamo erano soliti declinare alla sudamericana all’epoca del “Tanque” Denis, agli ordini di Gasperini si è saputo adattare a quello che imponeva il gioco: non più esterno di fascia come ai tempi della giovinezza ma centrale di sinistra, quelli che oggi vengono chiamati braccetti. Ha dato alla difesa della Dea peso ed esperienza internazionale e una capacità di interpretare il ruolo totalmente personale: si sgancia con e senza il pallone, sa andare in conduzione e chiedere l’uno-due per l’ingresso in area, non ha mai paura di ingaggiare un duello personale con il diretto avversario. La trasformazione tattica, a dire il vero, era iniziata già prima: stagione 2022-23, Olympique Marsiglia, in panchina uno dei figli di Gasperini pur senza averne mai incrociato direttamente la strada, vale a dire Igor Tudor, amante della difesa a tre e dell’aggressività a tutto campo. Kolasinac aveva arretrato il proprio raggio d’azione lasciando la corsia a un altro che in Serie A sta facendo discretamente, Nuno Tavares, imparando così un mestiere quasi tutto nuovo. “Da qui ho la percezione di tutto il campo, di come si sviluppa il gioco, e l’uno contro uno diventa il tuo lavoro”, aveva detto all’inizio della sua avventura atalantina, andando quasi a prevedere quello che sarebbe stato il suo futuro.

Sono fondamentali e invisibili, Zappacosta e Kolasinac. Anche per questo, domenica sera, è stato così sorprendente vederli fraseggiare nell’area juventina, come se fosse la cosa più normale del mondo. Una meritatissima libera uscita.

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