L’epifania del “Socialismo tascabile” degli Offlaga Disco Pax

Sono passati vent’anni dall’uscita del primo disco del gruppo emiliano. Dopo vent’anni certi dischi possono diventare vecchi, vetusti a volte. Non è questo il caso

Cinquantaquattro secondi di musica, un po’ elettronica, una chitarra, un ritmo ripetitivo, quasi ipnotico. Poi la voce. Una voce familiare, quella di Max Collini, anche al primo impatto. Familiare perché sa di Emilia, di osteria, di film di Pupi Avati. Una voce piena di parole. Non versi, parole. “Io dormivo / Mia madre andava a lavorare presto / Arrivava l’una ed ero ancora a letto / Ricordo che mi alzavo, vestivo / Prendevo la borsa con dentro i libri del giorno prima / Ed uscivo dalla finestra della mia stanza / Mentre mamma entrava dalla porta / Mamma si fidava di me”. Iniziava così Kappler, la canzone, iniziava così l’album “Socialismo tascabile – Prove tecniche di trasmissione”, il primo degli Offlaga Disco Pax.

Non si era mai sentita qualcosa del genere sino ad allora. Fu un’epifania.

Sono passati vent’anni dall’uscita di “Socialismo tascabile” degli Offlaga Disco Pax. E dopo vent’anni certi dischi possono diventare vecchi, vetusti a volte. Non è questo il caso. C’è qualcosa in questo disco che ancora oggi ti colpisce a ogni ascolto, riascolto. Soprattutto adesso che su Spotify e sulle altre piattaforme di streaming si trovano podcast a bizzeffe, molti dei quali che raccontano qualcosa, una storia, grande o piccola che sia. “Socialismo tascabile” era podcast prima dei podcast, audiolibro prima degli audiolibri. Un po’ come era stato Vocapatch degli Uochi Toki – del 2003 – ma più accessibile, meno stralunato.

Gli Offlaga Disco Pax riuscirono vent’anni fa a dare una nuova dimensione al racconto. Farlo diventare musica, qualcosa di più di una canzone. Riuscirono a creare un personalissimo “Piccolo mondo antico”, pieno di personaggi suggestivi, capaci di farsi immaginare. Come “il catechista che votava Pannella”, il “travestito ai più noto come Lola che mia madre chiamava Antonio con nostro sommo sbigottimento”, il professore “vestito di nero ultracinquantenne e anche ultraconservatore (…) ribattezzato, visto l’abito e lo stile, Kappler”, o Ylenia che a 14 anni “sì che si era data completamente all’idea, un po’ estemporanea di cambiare il mondo”. Tutti lì, tutti assieme sotto la “scritta degli ultras della Reggiana dopo il raid aereo americano su Tripoli negli anni Ottanta” che diceva: “Grazie Reagan, bombardaci Parma”. Piccole storie, unite dalla provincia, quella dalla quale ogni tanto si cerca di fuggire, senza però riuscirci. Piccole storie a sfondo labilmente socialista, capaci per ritmo di narrazione e beat di dare una nuova dimensione a quello che si ha da dire. Lontano dal cantautorato e da quello che c’era. Piccole storie personali, capaci però di superare i confini del microcosmo privato e trovare una dimensione di comunità. Perché la storia è in fondo ciò che ci unisce tutti, è il primo incontro con il complesso, con il mondo. Storie sono quelle che ci leggevano per farci addormentare. Storie sono quelle che narriamo per farci sentire meno soli, per darci l’illusione di essere un qualcosa con gli altri.

Forse non ha fatto la storia della musica “Socialismo tascabile”, però quel disco è stato per tanti un compagno, nel senso di qualcosa capace di farci compagnia. Le parole di Max Collini, che raccontavano piccole storie, più o meno autobiografiche, con un misto di ironia e franchezza, ogni tanto pure irrorate da piccolezze (chi non le ha?) sono state ispirazioni per molti. Quel suo modo unico di raccontare lo si è letto in libri, lo si è visto al cinema, lo si è riascoltato altrove. C’è chi lo ha ammesso, chi continua a fare il vago.

Vent’anni dopo “Socialismo tascabile – Prove tecniche di trasmissione” anche gli Offlaga Disco Pax sono tornati in giro. Il tour, sedici date ormai quasi tutte sold out, è iniziato il 7 marzo e andrà avanti sino a metà aprile. Era da un po’ che non si facevano vedere su di un palco. Dopo la morte di Enrico Fontanelli, Daniele Carretti e Max Collini hanno deciso che gli Offlaga sarebbero finiti lì. Oltre dieci anni dopo sono tornati. A qualcuno erano mancati.

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