I banchetti della Lega tra pace fiscale e pace in Ucraina. Consigli a Salvini dai militanti di Roma

Di banchetti della Lega domenica 9 marzo ce n’erano più di mille sparsi in tutta Italia. “Per chiedere la fine della guerra e per accelerare sulla rottamazione di milioni di cartelle esattoriali” ha scritto il loro leader e vicepremier Matteo Salvini lanciando l’iniziativa su X. In poche parole: pace in Ucraina e pace fiscale. Uno è un tema estremamente nazionale, l’altro di enorme respiro globale. I leghisti romani cercano di trovare qualche nesso fra i due, ma c’è chi va dritto: “Sono due tipi di pace diverse, non andavano mescolate”.

La sentenza delle sezioni unite della Cassazione sul caso Diciotti tocca un nervo scoperto per il partito “È una situazione vergognosa, voluta solo dalla magistratura rossa per fare un torto al governo”. In linea con la dura reazione del segretario immediatamente dopo l’arrivo della decisione: “Se di fronte al loro splendido palazzo allestissero un campo rom o un centro profughi, secondo voi cambierebbero idea?”. Ai banchetti si avvicinano principalmente anziani, qualcuno appena uscito dalla messa. C’è perfino Antonio Maria Rinaldi, ex parlamentare europeo per la Lega. Che però, fugge dalle domande: “Ma per carità, e poi c’ho un battesimo”.

Per i sondaggi, il gradimento per il partito è stabilmente sotto il 9 per cento, poco sotto Forza Italia. Ma per il capo del Carroccio ci sono ancora tante parole di stima, d’altronde è anche il suo compleanno. Si attende senza ansia il congresso federale di aprile a Firenze, che – sgombrato il campo da Luca Zaia – confermerà ancora una volta l’incarico di segretario per Salvini. Qualcuno avanza una critica (costruttiva) al leader verde: “A volte non pesa le parole, a differenza della Meloni che lo fa molto bene”. Ma già c’è chi guarda a un dopo-Salvini, magari attingendo risorse fresche da Bruxelles: Vannacci lo vedrei bene come prossimo segretario. Quando abbiamo uomini intelligenti, colti e preparati, perchè privarcene?”.

Se la pace fiscale trova d’accordo tutti, diverso è per la politica estera. Fra i gazebo romani aleggia una certa fiducia per la nuova Amministrazione Trump, nonostante il timore di qualcuno: “Mi fa paura, è un mezzo pazzo, e ha trattato Zelensky in un modo indegno”. Il riferimento è all’incontro-scontro tra il presidente ucraino, Trump e J.D. Vance il 28 febbraio dallo studio Ovale della Casa Bianca, tra accuse di ingratitudine, rimproveri e una conferenza stampa andata all’aria. “Zelensky ha trascinato il suo paese nella guerra per volere dell’America” ci dicono, tra una firma e l’altra: “Ma a noi Italiani della guerra in Ucraina, che ce frega alla fine?”.

Un simile spirito è ben diverso da quello di chi il prossimo 15 marzo riempirà le strade della propria città avvolto dalla bandiera dell’Unione europea, su consiglio di Michele Serra di Repubblica: “Sfilerò con la bandiera della pace, ma non a quel corteo”. Anche se qualche leghista per sabato prossimo ha ben altri impegni: “Inizia il campionato del mondo di Formula uno”.

Leave a comment

Your email address will not be published.