Fini, Calenda e la non felicissima espressione “comunità di destino”

Gli autori di due – virtuose – dichiarazioni sulla necessità di un’Europa unita in difesa dell’Ucraina hanno utilizzato la stessa celebre locuzione. Sebbene il messaggio sia chiaro e condivisibile, occorrerebbe maggiore prudenza nel rievocare la vicenda della Schicksalsgemeinschaft

Tra le poche prese di posizione limpide e coraggiose sul pasticcio in cui il mondo si sta infilando dopo l’imboscata gangsteristica di Trump e Vance bisogna annoverare senz’altro, in Italia, l’intervista di Gianfranco Fini su Repubblica del 2 marzo e l’intervento di Carlo Calenda alla manifestazione di piazza Santi Apostoli che lui stesso ha avuto la tempestività di convocare per quella stessa domenica. Mi dispiace soltanto che siano posizioni (specie quella di Fini) la cui incidenza concreta è molto relativa. Sono dunque ingeneroso e un po’ carognesco, me ne rendo conto, nel fare le pulci proprio a loro, anziché all’ignavia scoraggiante del Pd, agli equilibrismi sgraziati di Meloni, alle moine da ragazzo pon-pon di Salvini o al sordido opportunismo cripto-putiniano dei Cinque stelle. Ne chiedo scusa in anticipo. Sia Fini sia Calenda, infatti, hanno usato una stessa locuzione: l’Europa, per fronteggiare le minacce incombenti, deve diventare una “comunità di destino”. Ora, so bene che la formula, riferita all’Europa, l’ha usata anche Angela Merkel, e che questo dovrebbe bastare a toglierle di dosso incrostazioni sinistre, ovvero destre, ma è pur vero che nella vicenda ideologicamente intricata della Schicksalsgemeinschaft hanno avuto un ruolo preminente i propagandisti hitleriani, specie sotto le bombe alleate. Il senso di quelle parole, nell’uso che ne fanno Fini e Calenda, è inequivocabile e condivisibile: l’Europa deve prendere atto che le sue sorti dipendono dall’unione, specie quella militare, e che marciando separati non si va da nessuna parte. E però, considerando le vie retoricamente imprevedibili che in Italia imboccano certe formule dal bel suono, mi guarderei dal rimetterle in circolo, e sceglierei se possibile di dire la stessa cosa con altre parole. Dio non voglia che tra l’eccezionalismo americano e la missione storico-mondiale della Santa Madre Russia si accampi la mistica del destino europeo.

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