Oscar a Hamas. i registi di “No Other Land” e la solita ipocrisia su Israele

La bugia del film vincitore, il terrorismo palestinese e la tragedia del pacifista israeliano dal palco degli Academy Awards

Mentre da Haifa, in Israele, arrivava la notizia di un altro attentato in cui ha perso la vita un settantenne israeliano, i registi di “No Other Land” vincevano l’Oscar per il miglior documentario. Dopo aver sfilato sul red carpet indossando la kefiah (l’attore Guy Pearce di “The Brutalist” aveva la spilla “Free Palestine”), nel discorso di accettazione dell’Oscar il regista palestinese Basel Adra ha attaccato Israele, stato di “occupazione” e “pulizia etnica”. Nessuno accenno agli ostaggi a Gaza. Anche l’altro regista, l’israeliano Yuval Abraham, ha attaccato il proprio paese (l’anno scorso la parte di attaccare Israele venne data a Jonathan Glazer, regista della “Zona di interesse”). “No Other Land” ritrae il conflitto attraverso una serie di insediamenti arabi chiamati Masafer Yatta nell’area C, la parte di Cisgiordania che gli accordi di Oslo hanno messo sotto controllo civile e militare israeliano.

Un regista onesto confronterebbe l’area C con l’area A, sotto il completo controllo palestinese. Israele proibisce ai suoi cittadini di entrare nell’area A: se accadesse (e a volte accade), un israeliano non sopravvivrebbero due minuti. Da Yatta, l’area raccontata nel film, vengono tanti terroristi. Come quello che ha ucciso quattro israeliani al centro commerciale Sarona a Tel Aviv. Ma di tutto questo, il film su Yatta premiato dall’Academy non parla.

Se Hamas, che non esiste nel film, mettesse le mani sul regista Abraham lo massacrerebbe senza battere ciglio. Per il più crudele scherzo del destino, le stesse persone per cui si erano battuti sono diventati i loro aguzzini. Dieci pacifisti israeliani, gente che pensava come il regista Abraham, il 7 ottobre sono stati uccisi dai terroristi di Gaza. Oded Lifshitz era un giornalista, una figura di spicco del movimento dei kibbutz e un attivista per la pace. Ha fatto volontariato con l’organizzazione “Road to Recovery”, che trasporta i bambini palestinesi malati negli ospedali in Israele. Partecipava alle manifestazioni contro la riforma della giustizia voluta dal governo di Netanyahu. Si batteva contro l’espulsione dei beduini di Rafah decretata dall’esercito israeliano, una storia simile a quella raccontata dal film vincitore dell’Oscar. Quando l’esercito israeliano ha spianato un uliveto arabo per costruire la barriera di sicurezza in Cisgiordania, i kibutznikim di Metzer hanno proposto ai soldati di confiscare la loro terra, per non sacrificare gli ulivi palestinesi. Ma nemmeno il più incallito pacifismo è servito a evitare la strage di Revital e dei suoi due bambini. Nei giorni scorsi è tornato in libertà il terrorista che ha fatto strage nel kibbutz Metzer.

Uno dei più noti filosofi francesi, Julien Freund, si sentì rimproverare dal suo professore, Jean Hyppolite, sull’idea che non potesse esserci politica senza nemico: “Se hai davvero ragione non mi resta che coltivare il mio giardino”, gli disse Hyppolite. Freund rispose: “Hyppolite, lei sta facendo un errore, pensa di essere lei a designare il nemico, come tutti i pacifisti. Ma è il nemico che ti designa. E se vuole che tu sia suo nemico, lo sarai. E ti impedirà anche di coltivare il tuo giardino”. E di vincere un Oscar in nome della pace.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.

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