Poesie disperse di Wislawa Szymborska: il tuo bottone, la mia chiave di casa

Raccolta di scritti che contiene testi che vanno dagli anni del liceo fino alla vigilia della morte, alcuni già apparsi su periodici, altri ritrovati tra le carte della poetessa che teneva sempre con sé l’umorismo, il “il fratellino minore della serietà”

Non so com’è


essere cacciato cacciata


trovarsi in un paese di lingua diversa


imparare in fretta la parola “grazie” se qualcuno ti aiuta


la parola “scusa” se qualcuno ti guarda storto


a non essere mai troppo affamato


quando ti offrono del cibo


Wislawa Szymborska,


Racconto antico e altre poesie disperse” (Adelphi 140 pp)

“Ho un grosso taccuino”, spiegava a una giornalista Wislawa Szymborska, premio Nobel per la Letteratura nel 1996, “nel quale annoto varie parole, idee, temi da cui un giorno possano nascere delle poesie”. La giornalista allora le chiedeva se una di quelle parole, o frasi, diventassero l’inizio di una poesia. “Non so se si possa parlare di inizio. Io spesso comincio dalla fine. E vi dirò, non è facile, poi, risalire fino all’inizio”. Questa raccolta di scritti e poesie, con testo a fronte, a cura di Andrea Ceccherelli, contiene testi che vanno dagli anni del liceo fino alla vigilia della morte, alcuni già apparsi su periodici, altri ritrovati fra le carte delle poetessa che teneva sempre con sé l’umorismo, che per lei era “il fratellino minore della serietà”.

“Se mai le cose potessero parlare ma se parlassero, potrebbero anche mentire


Soprattutto quelle ordinate e poco apprezzate,


per attirare finalmente l’attenzione.


Mi spaventa l’idea


di cosa mi direbbe il tuo bottone caduto,


e a te la mia chiave di casa,


vecchia mitomane”.

Questa poesia si intitola “Se mai” e apre uno squarcio di luce su quella vecchia mitomane della nostra chiave di casa, sul bottone caduto e il suo desiderio di attenzioni, che un giorno Wislawa Szymborska ha appuntato sul tuo taccuino. Qui ci sono poesie sommerse e poesie già salvate, esercizi di comicità e miniere di idee ancora irrealizzate, che di certo nessun altro riuscirà a realizzare. E poi c’è “Non so com’è…”, un appunto conservato nel taccuino che è una poesia di arrivederci o di addio o invece solo un pensiero fuggevole, appena un po’ malinconico, ma incredibilmente preciso. Di certo contrario a quello che lei definiva “l’idiozia della perfezione”.



“Scrivere della morte è facile


della vita è più difficile


la vita ha molti più particolari


tu sei per poco uno di quelli

Davvero la morte è un tema facile


la commozione è garantita”


Di più su questi argomenti:

  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.

Leave a comment

Your email address will not be published.