Endorsement a Mr. Dylan

Tendenze politiche e ideologiche nei premi Oscar, l’ammirazione di Timothée Chalamet a Bob Dylan e la critica di Gerard Baker verso la crescente influenza del “woke” in Hollywood. I film Emilia Pérez e Conclave e le problematiche legate alle ideologie progressiste nel mondo del cinema

Vorremmo tanto che agli Oscar vincesse Timothée Chalamet, per sentire di nuovo il discorso che ha pronunciato ritirando la statuetta da migliore attore ai SAG Awards – i premi assegnati dal sindacato attori cinematografici. E’ salito sul palco in completo di pelle nera e camicia verde veleno, per dire: “Voglio essere il più grande. Come Marlon Brando. Come Michael Phelps. Come Bob Dylan, un vero eroe americano. Questo è un passo importante, e non dirò – come capita di sentire su questo palco – che è stato facile”. Mr. Chalamet, trent’anni a dicembre, ha suonato la chitarra e l’armonica, imparato la bizzarra dizione del giovanotto arrivato al Greenwich Village per rendere omaggio al suo idolo Woody Guthrie. A fare il tifo per il film, anche Gerard Baker, nell’articolo del Times intitolato “Will Trump’s war on woke topple Oscar?” – la guerra anti woke di Trump ribalterà gli Oscar? Nel film “A Complete Unknown”, nel rifiuto di Mr. Dylan di stare ai diktat dei folksinger passando alla chitarra elettrica, vede un segno di ribellione. Come quello che si augura agli Oscar 2025, brutalmente riassunto in “meno lagne e proclami”.



I “wokerati”, come li chiama Gerard Baker, stanno cominciando a soffrire un po’. Per esempio con il film “Emilia Pérez”, che aveva tutto per vincere l’Oscar progressista in tempi avversi. Attrice e personaggio trans: un gangster messicano che cambia sesso e mette su un orfanotrofio per i bambini resi orfani nella vita precedente. Alcuni vecchi tweet hanno sbugiardato l’attrice, colpevole di aver parlato male dei neri, dei musulmani, e pure di George Floyd ammazzato dai poliziotti. Colpe gravissime, cancellano perfino l’essere trans (prendete nota, le lagne hanno la loro classifica: visto l’andazzo pensavamo che la sofferenza dei trans compensasse qualsiasi altra colpa, e invece no).

Il primo della lista woke, secondo Mr. Baker, è però “Conclave” di Edward Berger, già regista – non brillante, per Netflix – di “Niente di nuovo sul fronte occidentale”. Accordi e dispetti per eleggere il nuovo Pontefice (lunga vita a Papa Bergoglio, precisiamo: il paese è cattolico e superstizioso). Sta risalendo nelle preferenze, il Conclave è uno degli ultimi luoghi rimasti privati, senza pettegolezzi e smartphone. Scoprire che anche lì si fanno accordi e sgambetti consola lo spettatore che non riesce a imporre le sue idee neppure alla riunione di condominio. “Lezioncine ideologiche”, scrive Mr. Baker. Il salvacondotto per continuare a girare film che trascinino nel fango i valori e le istituzioni dell’occidente. La linea di Trump ancora non è arrivata a Hollywood. Anche l’innocuo “Anora” ha gravi colpe: si dice che l’attore russo Yura Borisov (molto applaudito in “Scompartimento n. 6”) piaccia a Vladimir Putin.

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