L’arrivo del pilota inglese ha scatenato le folle, ma ha anche portato a Maranello un know-how che prima non c’era. È un sensore umano su macchina e motore. Leclerc: “L’età non si sente”. Ma ora la parola passa al cronometro
L’effetto Hamilton non ha bisogno di spiegazioni. Quando c’è chi si presenta a bordo pista con una sega elettrica per tagliare un albero che nasconde la visuale, c’è poco da aggiungere. Quello che ha prodotto l’arrivo di Hamilton sui tifosi è sotto gli occhi di tutti. Una follia assoluta, mai vista prima dalle parti della Ferrari, l’unica Scuderia al mondo in grado di catalizzare tanta attenzione. E se a mito aggiungi mito, il cortocircuito è assicurato. Ma pubblico, like e cuoricini a parte che cosa può davvero portare il quarantenne Lewis Hamilton alla Ferrari? Il suo arrivo può davvero andare oltre alla sensazionale operazione di marketing che è diventato? In giro c’è ancora chi sostiene che la Ferrari avrebbe fatto meglio a confermare Sainz e che la coppia dello scorso anno era ancora più forte e completa. A smentire gli scettici oggi ci sono soprattutto tante parole. Per i fatti dovremo aspettare il cronometro. Alonso vinse alla sua prima gara in rosso, Vettel alla seconda, ma poi nessuno riuscì a centrare l’obiettivo del Mondiale. “Loro hanno fatto un lavoro straordinario. Ma ci vuole tempo per costruire la fiducia e crescere in una squadra nuova, l’ho vissuto in Mercedes e in McLaren. Non succede da un giorno all’altro, è molto impegnativo. Stiamo lavorando sodo, l’idea di tutti è quella di migliorarci, e anche fisicamente è una grande sfida”. Sir Lewis Hamilton ha già messo le mani avanti, raccontando che quando passò in Mercedes gli ci vollero sei mesi per vincere (conquistò il Gran premio d’Ungheria nel luglio 2013), ma sa benissimo che quest’anno non potrà aspettare tanto perché altrimenti il clamore mediatico di queste settimane si trasformerebbe in una valanga di critiche. Hamilton non ha troppo tempo per prendersi la Ferrari e cercare di strapparla a Leclerc che la considera, giustamente, come casa sua dopo averci corso 126 Gran premi.
L’arrivo di Hamilton ha scatenato le folle, ma ha anche portato a Maranello un know-how che prima non c’era. Lo scorso anno la Ferrari si è fermata a 14 punti dalla McLaren nel Mondiale costruttori, meno di uno a gara come sottolinea Fred Vasseur per spiegare che non servivano rivoluzioni, ma solo la cura dei dettagli. E Hamilton può aiutare a fare l’ultimo passo prima che il cambio regolamentare in arrivo nel 2026 rivoluzioni tutti i valori in pista. Hamilton porta l’abitudine a vincere, la capacità nel leggere i segnali che mandano la macchina e il motore, l’empatia che riesce a trasmettere all’interno del team. “Non so che cosa significhi avere 12 anni in più perché non li ho mai avuti rispetto al mio compagno, ma solo che Lewis ha una forma fisica pazzesca e una motivazione che non dimostrano la sua età. Insomma non credo che anche in un campionato lungo 24 gare, la sua età possa favorirmi in qualche modo”, dice Charles Leclerc che per adesso sta prendendo solo il meglio della convivenza. Guarda, ascolta, studia, cerca di capire quali segreti possa avere uno che ha vinto sette Mondiali e più di cento gare, anche se il confronto vero arriverà quando entrerà in gioco il cronometro.
“Il pilota è il miglior sensore che abbiamo sulla macchina e sul motore. Ci sono sensazioni che solo l’uomo può trasmettere e Lewis in questo ci può aiutare molto. Abbiamo parlato molto delle differenze tra i motori Mercedes che ha sempre guidato durante la sua carriera e il nostro e ci ha dato delle indicazioni interessanti”, ha detto Enrico Gualtieri che è il responsabile della Power unit ferrarista. “Uno degli aspetti più importanti è il feedback della macchina da parte dei piloti perché loro ci permettono di individuare quali sono le limitazioni in pista dicendoci cosa serve per andare più veloci. Oggi la maggior parte dello sviluppo avviene virtualmente e non più in pista. Ma il giudizio dell’uomo del comportamento della macchina è ancora molto importante. Soprattutto per quanto riguarda la gestione delle gomme. È interessante vedere come interagiscono tutti i vari fattori”, spiega Loic Serra il direttore tecnico arrivato anche lui dalla Mercedes.
“Se ho paura dell’età di Hamilton? Penso che il suo valore lo abbia dimostrato ad Abu Dhabi, partendo dal fondo e arrivando al quarto posto sorpassando Russell all’ultimo giro. Il suo ritmo c’è ancora, ma non avevo dubbi nemmeno prima. Chiaramente non è lo stesso Lewis con cui ho lavorato. Ha 20 anni in più di quando abbiamo lavorato insieme la prima volta: tutti cambiano, si migliorano e di sicuro è molto più maturo, molto più esperto ed è il perfetto compagno di squadra oggi. È esattamente quello che cercavo, per la scuderia, per me, per Charles. Farà bene alla squadra e farà bene a Leclerc, insieme funzioneranno alla grande”, assicura Fred Vasseur con il solito sorriso. È stato lui a muoversi dopo aver ricevuto l’input dal presidente Elkann, lui a convincere Lewis a cambiare squadra, ben sapendo che nel suo cuore fin da bambino c’era un sogno rosso. “Non voglio fare paragoni con il passato di Lewis – ha invece detto Jerome D’Ambrosio, il vice Vasseur che con Lewis aveva lavorato in Mercedes – Ciò che importa è come stanno andando ora le cose, direi molto bene. Lewis è davvero molto felice di fare parte del team, ed è estremamente motivato da questa sfida. Non vediamo l’ora di essere in Bahrain, dove si comincerà sul serio. Vedo una persona estremamente felice di essere qui e che ha stretto le mani di 1.500 persone il primo giorno”. E anche questo è un dettaglio importante. Quello che Lewis può portare alla Ferrari lo abbiamo sentito e adesso aspettiamo di vederlo. Ma sulla bilancia c’è anche quello che la Ferrari ha portato ad Hamilton. Eccitazione, emozione. L’aria di Maranello lo ha ringiovanito e gli ha riempito i serbatoi andati in riserva dopo gli anni trascorsi in Mercedes. Lewis aveva bisogno della Ferrari per continuare. Quanto Lewis è servito davvero alla Ferrari ce lo racconterà presto il cronometro. Per ora tutto sembra una favola. Ma a questo punto della stagione tutti (o quasi) si sentono campioni del mondo.