Marzano vs Bucci: “I figli non si fabbricano”. Ma definisce “dono” la Gestazione per altri
“Chi fa figli contribuisce al successo della nostra società. Questa è una cosa importante tra di noi, vorrei che tutti quanti avessero fatto figli”, ha detto il candidato del centrodestra Marco Bucci alle imminenti regionali liguri. Poteva dirla meglio – considerato che i tempi correnti richiedono delicatezza su questioni del genere – ma considerato che la Liguria è la regione più vecchia d’Italia con un indice di natalità in caduta libera (nel 2023 sono nati lì solo 8.300 bambini, fanalino di coda), il contesto spiega facilmente la natura del ragionamento di Bucci. Basta non essere particolarmente suscettibili o ideologicamente prevenuti. E’ il caso, quest’ultimo, di Michela Marzano, che ieri su Repubblica è intervenuta sul tema con un editoriale. Scrive Marzano che “un figlio non è un oggetto che si fabbrica, né, tantomeno, un appuntamento da mettere in agenda. Ci si può provare, per carità. C’è anche chi ci riesce, certo. Ma con quali risultati a lungo termine?”.
Viene da domandarsi se la filosofa e scrittrice sia la stessa che definì la pratica della maternità surrogata (Gpa) “un dono”: “Per quale motivo impedire a una donna che vuole aiutare una coppia che non ha figli ad averne? Una donna che sceglie non è merce, io credo si debba rivalutare la libertà e autonomia di ogni donna rispettando il loro punto di vista”. Tutto bello, peccato che quando si parla di “fabbricare” un figlio la prima cosa che viene in mente è proprio la surrogata, che la Dichiarazione di Casablanca del 2023 vorrebbe mettere al bando in tutto il globo (ieri al Senato ci sonos tati accesi scontri verbali fra maggioranza e opposizione). Trovando posizioni favorevoli anche a sinistra, come la deputata Luana Zanella di Avs, secondo cui “la maternità non può essere ridotta a un mezzo di riproduzione a vantaggio di altri e altre”. Su un tema così delicato, sarebbe opportuno evitare le sentenze ideologiche mosse solo da ragioni di bottega politica. Anche perché poi il rischio del cortocircuito di pensiero è concreto.