Herbert Kickl e l’Austria che si gira 3,5 gradi più a destra

L’Fpö è il primo partito nei sondaggi, il suo leader ha però una strada accidentata davanti. Un paese insofferente, ambiguo e pieno di spie

L’arresto di Egisto Ott, accusato di aver passato informazioni al Cremlino in cambio di soldi, ha fatto precipitare l’Austria nel suo passato mai dimenticato – se avete visto “Il terzo uomo” sapete di cosa stiamo parlando – e ha reso ancora più nero il suo presente, in cui la destra estrema vicina alla Russia è il primo partito del paese. Il sessantenne Egisto Ott, che lavorava all’Ufficio federale per la protezione della Costituzione e del Controterrorismo, che oggi non esiste più, è stato arrestato alla fine di marzo, dopo un’inchiesta durata sette anni. Il mandato d’arresto di 86 pagine indica le accuse: ha fornito informazioni sensibili a Jan Marsalek, l’ex ceo di Wirecard latitante dal 2020, ricercato per frode e anche lui per scambio di informazioni con Mosca (a Marsalek, Ott ha fornito l’indirizzo della casa di Vienna di Christo Grozev, giornalista investigativo di Bellingcat: alcuni uomini mandati da Marsalek sono entrati in casa di Grozev e gli hanno rubato un computer e una chiavetta usb); ha fornito i dati dei cellulari di alcuni funzionari austriaci; ha raccolto informazioni su alcune persone che interessavano ai russi e le ha condivise con Marsalek; ha aiutato Marsalek a far pervenire a Mosca un laptot Sina, usato da alcuni governi europei per trasmettersi informazioni crittografate; ha scritto un’analisi su come migliorare le operazioni russe all’estero, dopo che è stato trovato l’assassino di un dissidente ceceno a Berlino. Se vi viene il dubbio che, per quanto grave, quest’attività di spionaggio sia circoscritta a Marsalek e al suo entourage, vi sbagliate. La rete è grande, la remunerazione è alta, l’accessibilità ai documenti riservati europei è elevata. Le intelligence occidentali si sono allarmate: quanto è esposta l’Austria alle attività di spionaggio russe? Il governo conservatore del cancelliere Karl Nehammer, votato alla neutralità e all’equidistanza (l’Austria non fa parte della Nato), ha cercato di limitare i danni chiedendo una revisione delle procedure di controspionaggio, ma soprattutto ha cercato di utilizzare elettoralmente lo scandalo. Oltre alle elezioni europee, in ottobre l’Austria ha anche le legislative e secondo i sondaggi il partito di governo, l’Övp, ha quasi dimezzato i suoi consensi, è di poco dietro ai socialdemocratici dell’Spö. Il primo partito è l’estrema destra, quell’Fpö che collassò mentre era in coalizione di governo proprio per i suoi legami con la Russia e che oggi invece si è rimessa in sesto, cavalcando i soliti temi nazionalisti e sovranisti, e anzi aggiungendone altri, più a destra ancora.

Il leader dell’Fpö. Herbert Kickl, classe 1968, è nato in Carinzia in una famiglia della working class: suo nonno Florian era stato un nazista, ma questo è accaduto a molti uomini di quella generazione nati in questa regione austriaca. Secondo i suoi biografi, Kickl era un bravo studente che amava i Beatles e i pantaloni con le tasche ampie, che acquistava in un negozio che vendeva indumenti militari americani. Non ha finito l’università a Vienna, dove studiava filosofia, e non ha fatto il servizio militare, ma la sua vita è cambiata quando lo notò, per la sua dialettica e per le sue capacità comunicative, Jörg Haider, il leader più carismatico che l’Fpö abbia mai avuto, dal 1986 al 2000 (Haider è morto in un incidente d’auto nel 2008). Sembra che fu proprio Kickl a suggerire, all’inizio di questo secolo, a Haider la frase che disse a Ariel Muzicant, leader della più grande associazione ebraica dell’Austria che aveva denunciato la carriera antisemita di Haider e il pericolo dell’aumento dei casi di antisemitismo nel paese. Haider disse: “Non capisco come faccia uno che si chiama Ariel ad avere così tante zozzerie appiccicate addosso” – Ariel è una marca famosa di saponi. Kickl era il suggeritore di queste e altre brutture, Haider lo coccolava anche per questo, quindi fece un certo scalpore il fatto che nel 2005, quando Haider lasciò stizzito l’Fpö per fondare un altro partito, il suo protetto decise di non seguirlo. Non si è mai capito davvero il perché, ma in ogni caso Kickl entrò nelle grazie di Heinz-Christian Strache, che è stato leader dell’estrema destra in tempi vittoriosi e che era vicecancelliere quando, nel 2019, emerse un video, risalente a due anni prima, in cui discuteva, in un appartamento di Ibiza, di finanziamenti russi alla sua campagna elettorale in cambio di appalti ad aziende russe assieme alla sedicente nipote di un oligarca russo vicino a Vladimir Putin. A quel punto Kickl, che fino a quel momento andava dicendo (e dimostrando) di essere più interessato alla “sala macchine” che alla ribalta, ha iniziato la sua ascesa che lo ha portato alla guida dell’Fpö. Una volta in cima, è riuscito a spostare il partito ancora più a destra durante la pandemia, galvanizzando le proteste contro vaccini e mascherine. Xenofobo, filorusso, antiamericano, Kickl ha il mito dell’ungherese Viktor Orbán, con il quale condivide – o forse è emulazione – molte idee e molti legami internazionali. In una recente inchiesta pubblicata dal magazine Falter dal titolo “Chi aiuta Putin a Vienna”, la gran parte dei nomi citati è legata all’Fpö.

Il rapporto con i grandi capi dell’estrema destra, l’ascesa inattesa, l’antisemitismo e l’antiparassitario per il Covid

Le chance di Kickl cancelliere. Il professor Laurenz Ennser-Jedenastik non è stupito dell’ascesa dell’Fpö, “è da molto tempo che questi dati stanno emergendo e non è la prima volta che il partito è in testa ai sondaggi”, ci ha spiegato. Ennser-Jedenastik si occupa di politica austriaca proiettandola nel contesto europeo presso l’Università di Vienna, e dice che “le crisi degli ultimi anni, la pandemia, la guerra della Russia all’Ucraina e l’inflazione, hanno sicuramente aiutato il partito”. L’ultima ricerca dell’Eurobarometro appena pubblicata conferma: gli austriaci, che non hanno una percezione positiva dell’Unione europea (meno positiva della media), pensano che Bruxelles abbia gestito male tutte le crisi che ha attraversato in questi anni – la pandemia, la guerra, l’immigrazione e la situazione economica – tranne due, cioè il cambiamento climatico e la Brexit. L’insoddisfazione si riversa sul governo in carica – l’Övp è in coalizione con i Verdi – ma neppure questo per il professor Ennser-Jedenastik è sorprendente: “In generale è molto difficile rimanere popolari – ci ha detto – durante una pandemia, una crisi energetica, uno choc inflazionistico e una guerra che scatena un massiccio arrivo di rifugiati nel tuo paese”. La sostituzione di questo governo con uno guidato dall’Fpö però non è automatica: Kickl diventerà cancelliere se il suo è il primo partito?, gli abbiamo chiesto. “No – risponde il professore – In breve: sarà il presidente a scegliere il cancelliere. Di solito, il capo dello stato sceglie la persona che guida il partito più grande in Parlamento, ma è una consuetudine, non un obbligo di legge. Tuttavia, il presidente Alexander Van der Bellen, un ex politico dei Verdi, per nulla amico di Kickl, ha già segnalato che questa volta potrebbe non attenersi a questa regola non scritta. Quindi, in realtà non sappiamo cosa succederà dopo le elezioni. Se c’è la possibilità di una maggioranza di governo funzionante che escluda l’Fpö, il presidente spingerà in quella direzione. Il processo potrebbe essere lungo, però”. Bisogna anche considerare il fatto che che Kickl, uomo dietro le quinte che è emerso per le dichiarazioni antisemite e perché ha scatenato la corsa all’ivermectina per curare il Covid, non è considerato “uno statista naturale”, dice Ennser-Jedenastik, “ed è anche molto impopolare al di fuori della cerchia dei sostenitori dell’Fpö. Quindi, sarebbe molto controverso e risulterebbe antipatico a molti”. Ma quindi, Kickl è il nuovo Haider o il nuovo Strache? “Dipende da cosa si intende. La sua personalità è molto diversa da quella dei due leader, meno grandiosa, meno stravagante, meno roboante, più concentrata, più calcolatrice, più razionale, direi”. In più serve un patto di coalizione, cioè un accordo con l’Övp: i popolari hanno detto che non vogliono lavorare con Kickl ma, se proprio proprio dovesse essere necessario, con l’Fpö sì. Il veto è personale, sembra. Quindi, riassume il professor Ennser-Jedenastik, “l’Övp dovrebbe fare marcia indietro o trovare nuovi leader che non si sentano vincolati a questo impegno. Date queste difficoltà e l’opposizione del presidente, penso che sarà un compito difficile per Kickl, forse possibile solo quando le altre alternative saranno fallite durante i negoziati, ma questa è l’Austria, quindi non si sa mai”.

Gli austriaci non andrebbero in difesa di un paese europeo sotto attacco, ma si aspettano molto sostegno se toccasse a loro


Questa è l’Austria che non ama granché l’Europa, l’Austria che vuole fare da ponte tra est e ovest ma adopera l’equidistanza, un metodo che in tempi di guerra diventa impraticabile, l’Austria delle spie e delle ambiguità, l’Austria che fa esperimenti con la destra estrema che terrorizzano il resto del continente, l’Austria in cui c’è una grande insofferenza economica, che guarda anche alla vicina Germania con cui ci sono legami non ignorabili, l’Austria che non consuma e cova risentimento. E’ anche un’Austria parecchio egoista. Secondo una ricerca dell’Università di Innsbruck, soltanto il 13,6 per cento degli austriaci pensa che il proprio paese dovrebbe partecipare alla difesa di un altro paese europeo se dovesse essere attaccato, ma in compenso il 72,3 per cento degli intervistati dice che questi stessi stati europei dovrebbero correre in aiuto dell’Austria se fosse lei a essere attaccata. Un’Europa al proprio servizio insomma, che è poi la ragione per cui, nell’Eurobarometro, pochi austriaci dicono che la loro priorità è la difesa europea. Si consumano invece sul dibattito riguardo alla statua di Karl Lueger, che fu sindaco di Vienna tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, che era antisemita e che era considerato da Hitler il sindaco più forte mai esistito. C’è chi vuole abbattere la statua, chi dice giù le mani, si è infine deciso per una “contestualizzazione”. I lavori cominceranno all’inizio dell’estate, il costo stimato è di 500 mila euro: la contestualizzazione consiste nel ruotare la statua di 3,5 gradi, verso destra.


(ha collaborato Daniel Mosseri)

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