In barba all’accordo segreto con il Vaticano, la Cina ordina i suoi vescovi. Anche quelli nominati in Sede vacante

Il cardinale Parolin: “In quanto strumento, l’Accordo non pretende certo di aver risolto o di risolvere tutti i problemi – qualcuno potrebbe liquidare i risultati fin qui raggiunti come ‘deludenti’ – ma credo che l’Accordo si debba giudicare come un ‘seme di speranza’”

Il comunicato diffuso dalla diocesi di Shanghai è chiaro: “Guidati dal Signore, il 28 aprile 2025, la diocesi di Shanghai ha eletto il Rev. Padre Joseph Wu Jianlin come vescovo ausiliare di Shanghai. Con l’approvazione dell’Associazione patriottica cattolica e della Conferenza episcopale della Chiesa cattolica in Cina, la diocesi di Shanghai celebrerà la messa di ordinazione episcopale del vescovo eletto Wu Jianlin mercoledì 15 ottobre 2025 alle ore 9.00 nella cattedrale di Sant’Ignazio, Xujiahui”. Seguono i “dettagli organizzativi” divisi in cinque punti, compreso quello che dispone “la foto di gruppo con il vescovo, il clero e i religiosi” e il rinfresco “in hotel”. Si tratta di uno dei due vescovi eletti durante la Sede vacante seguita alla morte di Papa Francesco: nella migliore delle ipotesi, le autorità cinesi non hanno avuto la cortesia di attendere l’elezione del successore. Nella peggiore, hanno voluto mostrare una prova di forza nei confronti della Parte vaticana.

Mons. Wu è attualmente direttore del Comitato per gli affari generali della diocesi di Shanghai nonché vicedirettore della locale sezione dell’Associazione patriottica. E’ considerato strettamente allineato alla Chiesa ufficiale, come del resto lo è il suo superiore, il vescovo mons. Shen Bin, riconosciuto dal Papa nel luglio del 2023 dopo che il Consiglio dei vescovi cinesi – organismo che la Santa Sede non riconosce – aveva proceduto unilateralmente alla sua nomina, cui era seguita l’installazione canonica nella più grande e prestigiosa diocesi del paese. Allora, la Sala stampa vaticana fece sapere che Roma era stata informata del trasferimento di mons. Shen dalla diocesi di Haimen solo pochi giorni prima che questa fosse annunciata ufficialmente. La situazione poi fu sanata per decisione di Francesco, che ha sempre difeso l’Accordo segreto stipulato nel 2018 – “Va bene e mi auguro che si possa rinnovare”, disse alla Reuters nel 2022 – e ritenne che “per il maggior bene della diocesi” non fosse opportuno impuntarsi. Anche perché mons. Shen Bin è assai popolare ed è “un pastore stimato”, come ebbe a dire lo stesso segretario di stato. Dopotutto, commentò il cardinale Pietro Parolin, a determinare l’azione di Francesco era innanzitutto una intenzione “fondamentalmente pastorale”.

Lo scorso 10 ottobre, intervenendo all’inaugurazione dell’Anno accademico della Pontificia Università Urbaniana, dove sono stati presentati gli atti del convegno del Concilium Sinense di Shanghai del 1924, il cardinale Parolin ha osservato che “oggi la comunità cattolica cinese, in comunione con il vescovo di Roma e con la Chiesa universale, sta cercando la propria strada per essere missionaria e per essere utile al proprio paese. Pur tra difficoltà e sofferenze, giungono, infatti, segnali della vivacità della vita di queste comunità: sia nella celebrazione della Parola, che nell’amministrazione dei sacramenti e nelle opere di carità svolte per il bene di tutti”. “Tutti i Papi, anche nei frangenti più critici, hanno sempre indicato la via del perdono, della riconciliazione e dell’unità, per guarire le ferite e camminare insieme”. Quanto all’Accordo – che resta segreto a sette anni dalla stipula – va considerato con “lo sguardo della fede”: “In quanto strumento, non pretende certo di aver risolto o di risolvere tutti i problemi – qualcuno potrebbe liquidare i risultati fin qui raggiunti come ‘deludenti’ – ma credo che l’Accordo si debba giudicare come un ‘seme di speranza’”.

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