L’ordine occidentale è stato destabilizzato fatalmente, scrive Nicolas Baverez sul Figaro. Dobbiamo tornare a fare in modo che ciò che è giusto sia forte e che ciò che è forte sia giusto
“I princìpi dello stato di diritto sembravano aver trionfato con la caduta dell’Unione sovietica e l’accelerazione della globalizzazione, che fecero nascere la speranza di una comunità internazionale unita attorno alla fine delle ideologie, al libero scambio e all’apertura delle società” scrive sul Figaro Nicolas Baverez. “Ma poiché i leader delle democrazie non hanno cercato di costruire un ordine mondiale, questa illusione è stata spazzata via dagli attentati dell’11 settembre 2001, dalle guerre in Afghanistan, Iraq e Siria, dal crollo del 2008, la pandemia di Covid, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e in seguito i conflitti a catena in medio oriente scatenati dai massacri del 7 ottobre 2023. Lo stato di diritto è stato profondamente destabilizzato sia dall’ondata populista che ha travolto il mondo occidentale a seguito della frammentazione della classe media causata dalla globalizzazione e dalla rivoluzione digitale, sia dall’ascesa dei regimi autoritari. L’invasione dell’Ucraina ha poi cambiato il corso della storia del Ventunesimo secolo, aprendo una nuova èra di imperi caratterizzata dall’espansione dell’autoritarismo, dal ritorno della guerra e dalla liberazione della violenza.
La democrazia ha subìto una brusca battuta d’arresto, limitata a 25 paesi che rappresentano il 6,6 per cento della popolazione mondiale contro oltre il 70 per cento per i regimi autoritari o ibridi. Essa è circondata dall’alleanza tra Cina e Russia, sostenuta da Iran e Turchia, nonché dall’ostilità dei paesi del sud in nome del risentimento contro il passato coloniale. Soprattutto, la linea di demarcazione con le autocrazie, le dittature, le ideocrazie e le teocrazie si è offuscata contemporaneamente alla frammentazione dell’unità occidentale. Prima in Europa, con la democrazia illiberale inventata in Ungheria da Viktor Orbán, e poi ampiamente esportata nel continente. In seguito, con la rivoluzione conservatrice scatenata da Donald Trump negli Stati Uniti.
La presidenza di Donald Trump costituisce una rottura irreversibile nella storia degli Stati Uniti, che traeva la sua originalità dalla fusione con la democrazia fondata sulla Costituzione del 1787. Essa rivendica l’onnipotenza dell’esecutivo, rifiutando la separazione dei poteri e usurpando i poteri del Congresso, del potere giudiziario e degli stati federati. Politicizza lo stato, fino all’esercito, chiamato a dare priorità al nemico interno e a trasformare le città democratiche in campi di addestramento invece di modernizzarsi per affrontare le minacce della Cina e della Russia. Interviene nell’economia, moltiplicando le operazioni e le acquisizioni di partecipazioni a vantaggio degli oligarchi della tecnologia e della finanza, mescolando le politiche pubbliche e la promozione degli interessi privati del presidente e della sua famiglia. Pianifica la presa di controllo da parte dello stato militante dei media, delle università e della scienza. Organizza una caccia alle streghe, di cui sono esemplari le azioni legali intraprese contro James Comey, instaurando un clima di delazione e paura.
Allo stesso tempo, Donald Trump, al di là dei suoi continui cambiamenti di rotta, allinea gli Stati Uniti ai principi degli imperi autoritari, rivendicando il primato della forza sul diritto. Condivide con gli autocrati l’ambizione di rifondare il sistema internazionale attorno a zone di influenza imperiale, nega l’esistenza del diritto internazionale e dei beni comuni dell’umanità. Rifiuta il multilateralismo e ogni nozione di ordine mondiale a favore dell’esercizio dei rapporti di forza, negando la sovranità degli stati, il diritto dei popoli all’autodeterminazione e la tutela dei diritti umani.
Anche in Europa lo stato di diritto è in crisi, ma per ragioni opposte. L’Unione si è costruita sulla rinuncia alla forza e sulla supremazia del diritto, che ha preteso di trasformare in un modello universale erigendosi a legislatore mondiale, in particolare nel settore digitale. Ma questa leadership normativa si sta rivelando impotente e pericolosa, lasciando l’Europa in balìa di imperi predatori, ai quali si sono ora aggiunti gli Stati Uniti. E’ devastante anche sul piano interno. Il governo dei giudici vìola la separazione dei poteri e paralizza il processo decisionale pubblico. Come dimostrato dal rapporto Draghi, la deriva normativa dell’Unione – con 13.000 nuovi testi dal 2019 contro i 3.500 degli Stati Uniti o i 270 regolatori che intervengono nel settore digitale – sta uccidendo la crescita, l’occupazione, gli investimenti e l’innovazione. Infine, la religione della norma gioca ormai contro la democrazia, garantendo una protezione assoluta agli individui a scapito della sicurezza e dell’ordine pubblico. L’idolatria della procedura impedisce di rispondere all’aumento e alla radicalizzazione della violenza. Distoglie lo stato di diritto dalla sua missione primaria, che consiste nel garantire la pace civile per evitare la guerra di tutti contro tutti.
Lo stato di diritto rimane la chiave per la sopravvivenza della democrazia e della libertà politica nel Ventunesimo secolo. La portata e la rapidità della sua scomparsa negli Stati Uniti, così come la debolezza delle resistenze sotto l’effetto della paura diffusa dall’amministrazione Trump, ne ricordano la fragilità. Il meccanismo è lo stesso che prevalse in Italia negli anni Venti e in Germania negli anni Trenta. E’ stata infatti l’abolizione dello stato di diritto, che ha favorito l’instaurazione di un clima di terrore da parte delle organizzazioni fasciste e naziste, a consentire a Mussolini e Hitler di trasformare in totalitarismo le istituzioni democratiche nell’ambito delle quali erano saliti al potere. Ma è altrettanto vero che lo stato di diritto, come ogni istituzione e ogni costruzione politica, non può prescindere dai mutamenti economici, sociali, tecnologici e geopolitici, pena la propria rovina.
La rivoluzione conservatrice di Donald Trump è un’arma letale contro la potenza degli Stati Uniti e offre un enorme vantaggio a Cina, Russia e Turchia per soddisfare le loro ambizioni imperiali. Ma rappresenta anche un’occasione inaspettata per l’Europa per diventare il continente di un capitalismo stabile e regolamentato, di una società pacifica e di istituzioni libere. Ciò tuttavia presuppone una profonda revisione delle sue nazioni, per ristabilire l’ordine pubblico al loro interno e garantire la sicurezza del continente, in particolare di fronte alla minaccia sempre più crescente della Russia e dell’Unione, che deve rifondarsi attorno alla difesa della sua competitività e della sua sovranità. Il culto della norma fine a sé stesso non è meno pericoloso per la libertà dell’arbitrarietà del potere personale. Per preservare lo stato di diritto, occorre rimetterlo al servizio della sicurezza e riconciliarlo con la forza, ispirandosi alla constatazione e alle raccomandazioni di Pascal: “La giustizia senza la forza è impotente; la forza senza la giustizia è tirannica. (…) È quindi necessario unire giustizia e forza; e per farlo bisogna fare in modo che ciò che è giusto sia forte e che ciò che è forte sia giusto”.
Traduzione di Mauro Zanon