La Cina vuole dettare le regole del business all’Europa (e all’Italia)

Sei anni dopo la firma della Via della seta, Antonio Tajani accoglie Wang Yi e parla di “pace”, ma i segnali da Pechino dicono tutto il contrario

Mercoledì, rispondendo a una domanda del Foglio, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha detto che durante il colloquio in mattinata con il suo omologo cinese Wang Yi non si era discusso del caso di Xu Zewei, il cittadino cinese arrestato all’aeroporto di Malpensa il 3 luglio scorso su mandato dell’Fbi e attualmente sotto processo per l’estradizione negli Stati Uniti, né del caso Pirelli-Sinochem. Il breve confronto con la stampa a Villa Madama è avvenuto subito dopo le dichiarazioni con Wang, a Roma per la 12° riunione del Comitato intergovernativo Italia-Cina, ma poi Tajani è stato costretto ad affrontare i giornalisti da solo: “La parte cinese non vuole domande”, hanno fatto sapere dallo staff. Oggi, giovedì, mentre il capo della diplomazia del leader Xi Jinping incontrerà il nostro capo dello stato Sergio Mattarella, il premier cinese Li Qiang atterrerà a Pyongyang.




C’è una diplomazia cinese che cerca le relazioni business as usual con l’occidente, e c’è un’altra diplomazia, quella più importante e strategica, che riafferma il posizionamento di Pechino nel mondo. Li, considerato il numero due di Xi, sarà in compagnia dell’ex presidente russo Dmitri Medvedev per assistere, venerdì, alla grande parata militare che la Corea del nord ha organizzato per l’ottantesimo anniversario della fondazione del Partito dei lavoratori, durante la quale svelerà i nuovi armamenti atomici che ha ottenuto anche grazie alla sua collaborazione bellica con la Russia di Putin e che usa per minacciare l’occidente. E’ uno scambio di cortesie, dopo che i leader di Russia e Corea del nord il 3 settembre avevano mostrato all’opinione pubblica internazionale il nuovo ordine globale dal balcone di Piazza Tiananmen a Pechino.



Mercoledì a Villa Madama, luogo nel 2019 della firma del memorandum sulla Via della seta del governo Conte I che l’esecutivo Meloni ha annullato sostituendolo, di fatto, con un meno minaccioso “partenariato strategico” di berlusconiana memoria, Wang Yi e Tajani hanno presieduto il comitato del business, delle buone intenzioni, dei proclami sugli investimenti. Wang ha detto che Italia e Cina hanno “rapporti stabili e solidi”, e condividono “gli stessi ideali e visioni”, ma poi ha sottolineato che le differenze culturali e di sistema “non dovrebbero diventare ostacoli al dialogo o alla collaborazione. La chiave sta nella comprensione e nel sostegno reciproco ai rispettivi interessi fondamentali”.

La lista degli interessi fondamentali di Pechino è molto lunga, ed è il problema di fare diplomazia con la leadership cinese cercando sostegno e comprensione. Tajani ha annunciato di aver chiesto alla Cina “una tregua olimpica in occasione dei Giochi invernali di Milano-Cortina” che si svolgeranno a febbraio 2026, e mentre lo diceva, ancor prima della traduzione dell’interprete, Wang annuiva profondamente. Poi il ministro degli Esteri italiano ha menzionato il potenziale contributo alla pace globale che può offrire la Cina, dalla guerra a Gaza a quella in Ucraina: “Le parole della Cina possono essere veramente convincenti anche per la Federazione russa”, ha detto Tajani. Eppure in tre anni e mezzo Pechino non solo non ha mai condannato la Russia per l’invasione, ma ci sono prove del suo sostegno diretto alla macchina della guerra di Mosca. Non solo: la scorsa settimana il think tank inglese Rusi ha visionato e pubblicato alcuni documenti che provano l’aiuto della Russia all’addestramento delle Forze armate cinesi sulle operazioni anfibie, cioè quelle che servirebbero per l’invasione di Taiwan, l’isola de facto indipendente che il Partito comunista cinese rivendica come proprio territorio, e fa parte delle cose di cui non si può parlare secondo la leadership di Pechino.



E così mentre le linee rosse cinesi nei rapporti diplomatici con l’occidente sono sempre più marcate, le critiche quasi tutte irricevibili, l’Italia – come altri paesi, per esempio il Regno Unito – cerca ancora l’equilibrismo con Pechino attraverso piattaforme di cooperazione e dialogo: mercoledì al Comitato intergovernativo c’erano tre tavoli tematici – economia e finanza, cultura e società civile, scienza, tecnologia e alta formazione – e diversi imprenditori italiani tra i quali Matteo Colaninno di Piaggio e Elena Zambon di Zambon Pharma.

“Finché i paesi europei continueranno a ridurre la loro dipendenza dal mercato cinese, e a un certo punto, se necessario, a disaccoppiarsi del tutto, l’influenza economica e politica della Cina diminuirà. Ma ciò richiede una decisione consapevole da parte dell’Europa, simile alla riconversione energetica intrapresa dopo l’invasione russa dell’Ucraina”, dice al Foglio Hung-Jen Wang, docente di Scienze politiche alla National Cheng Kung University e direttore esecutivo dell’Institute for National Policy Research, uno dei principali think tank di Taipei. Il sistema politico cinese è fortemente autoritario, e la sua economia di mercato opera attraverso massicce sovvenzioni statali, generando una concorrenza sleale. L’Europa non dovrebbe illudersi che il semplice ‘coinvolgimento’ basti a cambiare il comportamento della Cina”. Secondo il docente taiwanese, l’obiettivo politico dei paesi europei, e quindi anche dell’Italia, dovrebbe essere invece “quello di indebolire la capacità della Cina di competere in modo scorretto e di fare in modo che il regime a partito unico perda la sua presa sul potere. Solo allora l’Europa potrà davvero proteggere la propria autonomia e i propri valori”.


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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: “Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l’Asia”, “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.

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